TUTELARE IL CAREGIVER: LA POSIZIONE DI FNOPI SUL DDL A.S. 1416

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La Federazione Nazionale degli Ordini delle Professioni Infermieristiche FNOPI è il più grande Ordine professionale in Italia e rappresenta oltre 450 mila professionisti costantemente impegnati nella tutela dei pazienti così come dei rispettivi familiari.

Per la Federazione, l’approvazione di una legge quadro che dia concreta tutela alla posizione quantomai complessa dei caregiver rappresenta un’assoluta necessità di rilevanza sociale, viste le implicazioni sociali e personali che l’assistenza a un malato è in grado di provocare. A questo si aggiungono una serie di macro-contingenze quali reti familiari sempre più fragili e meno numerose, un indice di vecchiaia tra i più alti in Europa e nel mondo, una cronicità sempre più diffusa e una percentuale di disabilità in costante aumento con ricadute significative sia a livello economico che sociale.

Secondo un’indagine promossa dall’ISTAT e pubblicata nel 2017 nell’ambito del rapporto sulle condizioni di salute e ricorso ai servizi sanitari in Italia e nell’Unione Europea, sarebbero addirittura 8,5 milioni i caregiver in Italia, di cui 7,3 milioni caregiver familiari. Un’ulteriore indagine condotta dal Censis, in collaborazione con un’associazione di pazienti affetti da Alzheimer, riporta come il 66% dei caregiver familiari ha dovuto abbandonare il lavoro, il 10% ha richiesto un lavoro part-time e un altrettanto 10% si è orientato verso una mansione meno impegnativa. Ciò ben lo si comprende dall’elevato numero di ore prestate all’assistenza diretta e di sorveglianza del paziente-familiare che superano mediamente le 10 ore giornaliere.

In tale contesto, FNOPI ha accolto con grande favore l’avvio dell’esame del disegno di legge A.S. 1461 (unitamente agli ulteriori testi congiunti in seguito) e con la presente memoria desidera sostenere le misure ivi contenute. La Federazione è infatti fiduciosa che si possa dare al più presto una risposta efficace ai bisogni di questa figura che di fatto svolge un ruolo importante per il Servizio Sanitario Nazionale e per la tenuta del welfare del nostro Paese.

Ciò premesso, rileviamo, in chiave collaborativa e nel rispetto reciproco dei ruoli, alcune osservazioni di seguito riportate, auspicando che le stesse possano essere utili per addivenire al miglior testo possibile.

  1. L’importanza di assistere e di essere assistiti: la presa in carico allargata da parte dell’infermiere

L’assistenza territoriale svolta quotidianamente dagli infermieri non riguarda solamente il paziente ma inevitabilmente si riverbera sulla soddisfazione dei bisogni del suo intero nucleo familiare o comunque dei suoi cari. Questo accade perché quando una persona diventa non autosufficiente le persone a lui vicine si organizzano in maniera tale da garantire la miglior cura possibile, anche se spesso è su un familiare su cui grava la maggior parte del carico assistenziale.

È infatti sempre più frequente da parte degli infermieri prendersi carico non solo degli assistiti formalmente individuati nei piani di cura ma proprio dei caregiver che arrivano a sviluppare sindromi ansiose e fisiche (si pensi a titolo di esempio alla patologia di Burden, ad oggi non ancora conosciuta e riconosciuta). In tale contesto, il ruolo dell’infermiere è inevitabilmente quello di responsabile di tale “presa in carico allargata” anche se non viene pienamente riconosciuto dal nostro ordinamento in termini di intervento ed esiti assistenziali.

  1. La formazione dei caregiver

Nell’ambito dell’assistenza che viene fornita a pazienti e caregiver, gli interventi formativi ed educativi sono sempre più preponderanti. Generalmente, infatti, il caregiver non è preparato a fornire al proprio familiare le cure necessarie con continuità poiché privo delle opportune competenze mediche o assistenziali. Pertanto, oltre all’esperienza quotidiana, come Federazione portiamo avanti specifici percorsi che vengono appositamente documentati nella cartella clinica che all’interno del monitoraggio dei flussi prestazionali, laddove previsti a livello regionale.

Pur apprezzando le disposizioni contenute nel disegno di legge con riferimento alla formazione (articolo 6), si ritiene tuttavia opportuno che vengano previsti alcuni criteri per permettere una migliore distribuzione delle risorse del Fondo sul territorio. Nello specifico:

  • i percorsi formativi dovrebbero essere necessariamente catalogati all’interno di un nomenclatore che identifichi gli obiettivi e il soggetto delegato a tale finalità.

Si dovrebbe riconoscere il ruolo formativo che gli infermieri di famiglia e di comunità già svolgono nei confronti dei pazienti e caregiver, essendo inoltre in grado di certificare, valutare e monitorare le abilità apprese.

  1. Il caregiver come figura assistenziale e non professionale

La Federazione rileva negativamente la disposizione di cui all’articolo 8, rubricato “Riconoscimento delle competenze”. Si ritiene infatti che in nessun caso l’esperienza e la competenza di un caregiver può estendersi oltre lo specifico caso, né può maturare crediti formativi o di altra natura. L’esperienza personale non può dunque confondersi con la competenza professionale. Gli infermieri lavorano per rendere un caregiver esperto anche in prestazioni infermieristiche complesse ma sempre con la potestà professionale di certificare, valutare, monitorare le abilità apprese e che, se espresse fuori dal caso specifico, diventano abuso di professione. Per queste motivazioni, e a nostro avviso, la norma in questione dovrebbe essere soppressa.

Conclusioni

La Federazione Nazionale degli Ordini delle Professioni Infermieristiche ritiene dunque il presente disegno di legge una proposta valida ed efficace. Si auspica che l’iter legislativo possa essere completato con celerità, nell’interesse dei tanti caregiver che giorno dopo giorno affrontano le fatiche connesse alle più varie attività di assistenza, anche grazie al supporto formativo e assistenziale degli infermieri.

Del resto, come necessita di tutela l’attività prestata dai caregiver, anche quella degli infermieri deve essere salvaguardata da possibili abusi professionali che potrebbero verificarsi nel momento in cui lo Stato riconosca un titolo, o semplicemente dei crediti formativi, per attività svolte in contesti comunque protetti (quello familiare) e che, pertanto, non possono essere parificate alle qualità e caratteristiche che contraddistinguono gli operatori sanitari.

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