Consulta cittadini-pazienti: le priorità su Patto Salute e manovra

Cure palliative per tutte le patologie croniche (dai tumori alla Sla) anche a livello domiciliare e un’assistenza sul territorio che per molte patologie (ad esempio l’oncoematologia, specie se pediatrica) dia supporto non solo clinico al paziente, ma anche alle famiglie e ai caregiver. E naturalmente risorse che diano certezze, senza poi tagli in corso d’opera e fondi dedicati a cure estremamente costose come dia esempio le Car T per le quali sono in preventivo poco più di 2 milioni di euro, somma che basterebbe però per la cura di non più di quattro-sei pazienti.

Le associazioni dei cittadini-pazienti non hanno dubbi su cosa vorrebbero fosse previsto nel Patto per la Salute e nella manovra di bilancio e lo hanno spiegato a Regioni, parlamentari e ministero della Salute, tutti intervenuti a Firenze in occasione del workshop della Consulta Cittadini e Pazienti della Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche – 47 associazioni che rappresentano i portatori delle principali e più debilitanti patologie – che si è svolto nell’ambito del 14° Forum Risk Management.
L’aspetto diagnostico-terapeutico è già assolto nel momento dell’identificazione della patologia e del controllo sul suo decorso e su eventuali complicanze. Quello che manca è un’assistenza pubblica – quindi la garanzia dell’universalità, continuità ed uguaglianza – sul territorio in grado di aiutare i pazienti a far fronte h24 ai loro bisogni di salute, spesso estremamente complessi e che quindi non possono e non devono contare solo su caregiver rappresentati da familiari, amici e in generale da chi vive accanto a loro, ma devono essere assistiti da professionisti preparati e in grado davvero di riconoscere e far fronte alle necessità primarie legate alla loro condizione.
Per questo hanno sottolineato con forza la volontà di avere accanto gli infermieri, chiedendo che si prevedano le necessarie assunzioni di personale per consentire un’assistenza diffusa sul territorio dove oggi la carenza di questi professionisti è di almeno 30mila unità che si sommano alle oltre 20mila degli ospedali, senza contare l’effetto di ulteriore riduzione che avrà Quota 100 sugli organici.
In questo senso, in apertura della giornata sono stati sottoscritti due protocolli d’intesa della Federazione con Fais Onlus (Federazione delle Associazioni di Incontinenti e Stomizzati) e Fincopp (Federazione Italiana Incontinenti e Disfunzioni del Pavimento Pelvico) che identificano nell’infermiere l’unica figura in grado di promuovere progetti di informazione e comunicazione su incontinenza e stomia che facciano emergere le buone prassi e il rapporto “preferenziale” tra personale infermieristico e pazienti; far conoscere, attraverso gli infermieri, la realtà degli stomizzati e l’importanza della condivisione in tutte le sue forme, attraverso una specifica azione di sensibilizzazione culturale mediante il quotidiano agire professionale per affermare un più alto livello di inclusione sociale e contrastare lo stigma. E per questo li vogliono a fianco per elaborare con loro proposte per il Governo e per le Regioni e per attivare, anche attraverso i singoli Ordini provinciali, incontri pubblici e/o convegni sull’incontinenza e le disfunzioni del pavimento pelvico, sul territorio nazionale, regionale e locale. (VIDEO – LE INTERVISTE ALLE ASSOCIAZIONI)

Un quadro generale della situazione dell’assistenza territoriale lo ha disegnato Tonino Aceti, portavoce FNOPI, introducendo la giornata, moderata da Nicola Draoli, componente del Comitato centrale FNOPI e referente della Consulta per la Federazione.
Gli indici ISTAT, come ha illustrato Aceti, analizzando l’ADI a livello provinciale indicano che sul territorio solo l’1,2% di anziani (over 65) in Italia ha usufruito dell’assistenza domiciliare integrata nel 2015: -0,6% rispetto a dieci anni prima, nel 2005, quando erano l’1,9 per cento.
Ad aumentare invece in dieci anni, tra il 2006 e il 2016, è l’emigrazione ospedaliera che cresce del +0.6%, dall’8,1% dei ricoveri per acuti nel 2006 all’8,7% di quelli 2016.
“Senza un deciso cambio di rotta verso un’assistenza territoriale davvero completa ed efficiente – ha commentato Barbara Mangiacavalli, presidente della Federazione nazionale degli Ordini delle professioni infermieristiche – si rischia di non riuscire ad affrontare la nuova epidemiologia legata soprattutto (ma non solo) all’innalzamento dell’età media ormai certificata non solo a livello nazionale, ma internazionale. In questo – aggiunge – l’infermiere è la figura costantemente presente nei team assistenziali ed è colui che, indipendentemente dai setting in cui opera, può ricoprire un ruolo significativo sia nella gestione della fragilità che della complessità evidenziata dalla persona assistita. Tutto questo le famiglie italiane lo sanno, soprattutto se tra loro ci sono persone che richiedono prestazioni tutte infermieristiche, con una matrice ampia e articolata, con più o meno elevata tecnicità, che però richiede in ogni caso l’intervento di un infermiere”.

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