La sanità digitale è un’opportunità per garantire il diritto alla salute e la sostenibilità del sistema.
Lo scopo della riforma disegnata con il DM 77/2022 (che sviluppa il PNRR) di offrire una risposta assistenziale integrata sotto il profilo delle risorse, degli strumenti e delle competenze professionali per determinare una efficace assistenza della popolazione di riferimento. Nel nuovo sistema un forte ruolo rivestiranno gli infermieri di famiglia che saranno impiegati in molte delle nuove strutture definite dal decreto.
La telemedicina e la teleassistenza, che rappresentano un approccio innovativo alla pratica sanitaria, ma già consolidato in diversi ambiti sanitari, consentono l’erogazione di servizi e prestazioni sanitarie a distanza attraverso l’uso di dispositivi digitali, internet, software e delle reti di telecomunicazione.
E su questo si è concentrato il convegno organizzato a Firenze dal’AiSDeT (Associazione italiana di Sanità Digitale e Telemedicina) e AMD (Associazione medici diabetologi) “Diritto alla salute e sostenibilità. L’ opportunità dell’innovazione digitale e il punto di vista dei pazienti”.
L’incontro, proposto da AiSDeT in collaborazione con AMD, è finalizzato ad aprire un dibattito con le associazioni dei pazienti per individuare in maniera comune gli orientamenti e gli indirizzi che possono essere messi a sistema per sostenere la continuità assistenziale e la presa in carico efficace all’interno dei modelli di organizzazione della sanità del territorio, sostenuti dagli ecosistemi digitali.
La soluzione che il nuovo modello di sanità disegnato dal PNRR ha pensato soprattutto (ma non solo) alla teleassistenza e nelle nuove strutture e nel modello disegnato dal PNRR con il decreto 77/2022 di riordino dell’assistenza sul territorio a gestirla sarà – ha detto al convegno Luigi Pais dei Mori, consigliere nazionale FNOPI e presidente dell’OPI Belluno – farlo è l’infermiere, in particolare quello di famiglia e comunità, presente nei vari target ea domicilio con precisa responsabilità a tutti i livelli e che dà supporto all’assistito per tutte le sue necessità cliniche, assistenziali e anche sociali.
“La FNOPI – ha spiegato Pais – definisce, nel suo ultimo documento di posizionamento sulla sanità digitale messo a punto a ottobre, “ultimo miglio” il luogo di prossimità che ha inizio dal domicilio della persona assistita (“la casa come primo luogo di cura”) e si sviluppa attorno a esso con servizi in forma diretta per i cittadini, facilmente accessibili e con il minore impatto possibile sulla loro organizzazione della vita, determinando il criterio guida nelle scelte di investimento, organizzative e tecnologiche di sanità digitale”.
“In questo senso – ha aggiunti – è necessario sviluppare un modello organizzativo che preveda la partecipazione attiva della persona assistita e della sua rete privata in una logica di co-progettazione, perché la sua partecipazione e quella del caregiver al processo di cura è elemento centrale: la consapevolezza è un’opportunità, influisce sugli esiti di cura e migliora anche la sua percezione del servizio ricevuto”.
“La sfida della prossimità – ha continuato Pais – si pone come la risposta ai grandi cambiamenti che le nostre società stanno attraversando e che la pandemia Covid-19 ha per molti aspetti accelerato, ma c’è un nuovo rischio soprattutto per i 14 milioni di malati conici più gravi (in tutto le cronicità colpiscono oltre 22 milioni di italiani) e anche per i 13 milioni di abitanti nelle aree interne dove la qualità dell’offerta sanitaria è spesso difficile: la fragilità digitale”.
Per affrontare questa sfida Pais ha individuato alcuni punti chiave:
- Usabilità, come criterio standard per azzerare il digital divide;
- Multicanalità integrata: prevedere una molteplicità di canali con cui i professionisti possono accompagnare i cittadini nel percorso a loro più fruibile;
- Progressivo empowerment del Cittadino con un approccio che va condiviso e costruito nei team di cura;
- Coinvolgimento della rete di prossimità, in logica di collaborazione e supporto alla gestione integrata dei percorsi di cura;
- Implementazione di un linguaggio standardizzato. L’adozione diffusa di un linguaggio infermieristico standardizzato è assolutamente necessario, per consentite la migliore comunicazione tra professionisti sanitari ed un’adeguata valutazione sistematica degli outcome
“I setting di sanità digitale – ha detto – devono sviluppare fortemente l’ingaggio e la consapevolezza della Persona Assistita e dei caregiver. La qualità della relazione, soprattutto in setting assistenziali mediati da soluzioni digitali, rimane un importante strumento di fiducia, di motivazione, di aderenza terapeutica e di esito generale del processo di cura. Gli strumenti relazionali devono essere rapportati alla literacy digitale del cittadino e della sua rete familiare, pertanto, lo sviluppo delle competenze relazionali digitali deve diventare parte dei percorsi formativi delle professioni di cura”.
“La transizione digitale – ha concluso Pias – ha più a che fare con l’uomo, che con il digitale. Attenzione a non confondere il fine con il mezzo e, per noi sanitari, il fine è sempre e comunque l’uomo”.