In occasione della Giornata Mondiale della Prematurità, ospitiamo un intervento a cura della Commissione d’Albo Infermieri Pediatrici della FNOPI.
Un paio di piccolissimi calzini viola che si distinguono in mezzo a nove piccoli calzini bianchi e panna: è questo il simbolo scelto per celebrare la Giornata Mondiale della Prematurità, che si tiene tutti gli anni il 17 novembre, volto ad indicare che ogni dieci bambini che nascono uno di loro nasce prematuro.
L’obiettivo dell’istituzione di una giornata dedicata a questa popolazione è quello di sensibilizzare l’opinione pubblica sui rischi che una nascita prematura comporta, informare sulle strategie di prevenzione e promuovere la ricerca scientifica sull’identificazione delle cause.
Un bambino si definisce prematuro se nasce prima della 37° settimana di età gestazionale. Questo evento ha interessato, nel 2022 – in Italia, il 6,4% dei bambini nati. Di questi, lo 0,9% è classificato come estremamente prematuro, ossia riguarda bambini nati al di sotto delle 28 settimane di età gestazionale (Ministero della Salute, 2023). L’età gestazionale minima a cui i bambini, ad oggi, possono avere qualche possibilità di sopravvivenza (seppur con importanti esiti) è appena sopra le 22 settimane di età gestazionale (Ancel et al., 2015).
Ci riferiamo a bambini che vengono al mondo senza avere completato la maturazione degli apparti che gli permettono la sopravvivenza al di fuori del grembo materno. Tanto prima questa nascita avviene, tanto meno maturi saranno gli apparati e gli organi vitali, tanto maggiore e intensiva sarà l’assistenza necessaria a mantenerli in vita. Non solo, ma la complicatissima e delicatissima assistenza a questi piccolissimi pazienti è rivolta anche alla prevenzione di tutte quelle patologie croniche che un tempo necessariamente si accompagnavano ad una nascita prematura, poiché adeguati interventi di prevenzione realizzati con tempestività portano a risultati di salute positivi a breve, medio e lungo termine.
Sopravvivere si, ma sopravvivere con il massimo della qualità di vita raggiungibile.
A livello internazionale è l’European Foundation for the Care of Newborn Infants (EFCNI) che istituisce la Giornata Mondiale del Prematuro e suggerisce ogni anno dei temi diversi su cui fare divulgazione. Per il 2023 il tema scelto è: “small actions BIG IMPACT: immediate skin-to-skin care for every baby everywhere”.
La tecnica dello skin-to-skin si riferisce al posizionamento del bambino nudo sul petto nudo di uno dei propri genitori, e viene svolta e fortemente raccomandata nelle prime due ore post-nascita in quanto ha effetti benefici sul mantenimento della temperatura corporea, sulla stabilità dei parametri vitali, sul mantenimento di adeguati livelli glicemici, sulla creazione della relazione di bonding e, soprattutto, sull’avvio dell’allattamento al seno (Moore et al., 2016; Stevens et al., 2014).
Nel mondo della prematurità lo skin-to-skin trova la sua massima espressione nella Kangaroo Mother Care (KMC), in italiano “Marsupio terapia” (Johnston et al., 2017), che viene definita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come “la cura dei neonati prematuri o di basso peso alla nascita tramite un contatto pelle-a-pelle continuo e prolungato (da 8 a 24 ore al giorno, per quante più ore possibile), iniziato immediatamente dopo il parto, insieme al sostegno per l’allattamento esclusivo o l’alimentazione con latte materno” (World Health Organization, 2023).
La KMC contribuisce notevolmente a migliorare la produzione del latte, a prevenire le infezioni, a facilitare gli effetti fisiologici comportamentali e a migliorare a regolazione termica. Per questi bambini quindi, la KMC è un intervento di comprovata efficacia per salvare la loro vita, migliorare la loro salute e promuovere il loro sviluppo (Khoreti & Gharde, 2022; Wang et al., 2021).
A dimostrazione dell’attenzione crescente nei confronti dei bambini prematuri il Senato della Repubblica il 21 Dicembre 2010 ha approvato la “Carta dei diritti del bambino nato prematuro” un documento promosso dall’associazione Vivere Onlus, che da anni si occupa dei diritti inalienabili dei bimbi prematuri (Vivere Onlus, 2010).
Questi piccolissimi pazienti vengono ricoverati nelle Unità Operative di Terapia Intensiva Neonatale (TIN), luoghi che vedono il continuo operato di numerosissime professionalità: infermieri, neonatologi, logopedisti, fisioterapisti, oculisti, gastroenterologi, infettivologi, psicologi. Tutte queste discipline devono integrarsi, al fine di gestire la complessa cura e assistenza di questi pazienti.
L’infermiere, in questo ambito, eroga assistenza specialistica ed avanzata, pianificando gli interventi e coordinandoli con quelli dell’équipe multidisciplinare con l’obiettivo di favorire lo sviluppo neurocomportamentale dei neonati prematuri.
Ogni manovra assistenziale, infatti, può essere svolta per promuovere lo sviluppo neurocomportamentale e proteggerlo: dal tenere le luci abbassate e coprire gli incubatori con apposite coperte per impedire alla luce di penetrare all’interno, al parlare a bassa voce e avere cura di limitare i rumori ambientali, fino al concentrare le manovre assistenziali per non stressare il piccolo pazienti con interruzioni ripetute del suo ciclo sonno-veglia e contenerlo con le mani (holding) o con i telini (wrapping) per aiutarlo a gestire gli stimoli esterni.
Il focus continuo durante ogni minuto assistenziale deve essere tutelante di una vita che dovrebbe ancora trovarsi protetto dall’utero materno.
Le competenze professionali infermieristiche in questo ambito, così peculiare, sono specialistiche ed avanzate, proprio per orientare l’attività assistenziale e sanitaria alla sicurezza del paziente e alla qualità delle cure, e per assicurare il diritto dei bambini prematuri ad avere la migliore assistenza possibile.
L’attività infermieristica nelle TIN si esplica attraverso competenze tecniche assolutamente uniche – l’assistenza può variare da pazienti che pesano poco più di 400 grammi a pazienti che pesano fino a 3 kg e oltre – ma anche attraverso importantissime competenze relazionali: non dobbiamo dimenticarci che la nascita di un bambino prematuro può sconvolgere la realtà genitoriale e familiare. Il parto prematuro è spesso un evento improvviso ed inatteso. La paura e lo stress sono spesso presenti, vi è rabbia, frustrazione, disperazione e tanta ansia che accompagna giorno per giorno il nucleo famigliare.
L’evento nascita e l’immagine di famiglia attesa, sperata e immaginata subisce una brusca battuta d’arresto e rimane appesa nello spazio del ricovero in Terapia Intensiva Neonatale. E proprio in questo tempo lento, sospirato, carico di paure e di speranze, accanto ai genitori – che sono delicati quanto i propri figli – l’infermiere deve esplicare le competenze relazionali ed educative che possano guidare questi genitori nell’imparare ad assolvere a compiti che normalmente sono destinati alla natura – non certo ad una figura sanitaria.
La pianificazione infermieristica andrà a comprendere l’educazione al ruolo genitoriale, per far si che la triade genitori e bambino diventi sempre più autonoma e compliante e possa essere dimessa, un domani, in totale sicurezza. E che possano, finalmente, iniziare la loro nuova vita famigliare con la migliore qualità raggiungibile.
A cura della Commissione Albo Infermieri Pediatrici FNOPI