
“Se non ora quando”, sembrano voler dire, uno dietro l'altro i relatori intervenuti a Firenze per la prima edizione della School di Motore Sanità, dedicata ai percorsi della cronicità alla luce delle celebrazioni in corso sui quarant'anni del Sistema sanitario nazionale.
Un sistema universale di tipo Beveridge che ha faticosamente retto ma che non può più permettersi assenza di manutenzione, programmazione, vision. Per i promotori dell'incontro, infatti, “si sta andando incontro a silenziosi cambiamenti non sufficientemente governati, tra cui una progressiva trasformazione verso un sistema misto, una disomogeneità nazionale di offerta qualitativa e quantitativa, una difficoltà di accesso dovuta alle lunghe attese e l’esplodere del problema cronicità e fragilità dovuta all’aumento della vita media talora, a partire dai 65 anni, non in buona salute”.
Concetto ribadito in apertura dal presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, secondo il quale “è più che mai urgente un'azione di risanamento dopo ripetute stagioni di tagli, in cui il comparto sociosanitario ha contribuito non poco al miglioramento dei conti del Paese, spesso a scapito delle tasche dei cittadini e delle motivazioni professionali del personale”.
“Il personale è quello della più grande azienda italiana – ha spiegato l'ex ministro della Salute Maria Pia Garavaglia – che proprio per questo non può andare avanti per inerzia, anzi deve vivere una fase di rinnovamento e di piena maturità, con il coraggio anche di slegare le sorti del ministero della Salute dalle esigenze contabili di Mef e Regioni, come purtroppo spesso accade”.
Ospite d'eccezione anche un altro ex ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, che ha preferito volare alto, trattando le sfide tecnologiche, etiche, ecosostenibili con cui inevitabilmente impatteranno ampi settori del panorama sanitario: “Il cambiamento è ormai in corso, la vera partita è saperlo governare, superando sterili contrapposizioni tra professioni e inutili polemiche”.
Ma tanto spazio è stato dato anche a quanto sta succedendo, nel concreto, in ambiti sociosanitari territoriali, specie in tema di cronicità, grazie al coinvolgimento di dirigenti, amministratori e studiosi di numerose regioni. E da più voci si è levata, unanime, l'esigenza di ripensare modelli organizzativi, favorire piani di intervento personalizzati, valorizzare figure già risultate vincenti come quella dell'infermiere di famiglia e di comunità.
La sessione pomeridiana è stata poi dedicata al tema “Disposizioni anticipate di trattamento e cronicità” e ha visto la partecipazione, tra gli altri, del consigliere nazionale Fnopi, Nicola Draoli, intervistato da Claudio Zanon, direttore scientifico di Motore Sanità. Come impatta l’applicazione della legge sul fine vita di recente introduzione sul sistema welfare, consolidando la libertà di scelta di un cittadino sempre più cosciente dei propri diritti? Come cambia il lavoro del professionista sanitario, alla luce della nuova normativa e dei codici deontologici in vigore? “Oggi, nel mondo delle cronicità in particolare – ha esordito Draoli – la malattia ha una compagna temuta che non è la morte o la disabilità ma l'isolamento, l'abbandono e la rinuncia all'autodeterminazione perché si ignorano diritti e percorsi. Il nostro impegno deve essere sempre più orientato al supporto delle problematiche etiche, alla tutela della persona nella giungla di percorsi organizzativi tesi a garantire i diritti dentro un sistema complesso e spesso frammentato, convulso e poco chiaro ai cittadini. Spesso però questo impegno non viene riconosciuto da équipe o da organizzazioni non culturalmente pronte o non multidisciplinari creando un vera e propria crisi etica e morale che coinvolge oltre ai pazienti anche i professionisti”.
La condivisione delle informazioni, il concetto di anamnesi biografica prima ancora che clinica, sono stati altri punti toccati da Draoli. “I temi della Dat e in generale del fine vita non possono essere affrontati da un professionista da solo, da una sola scienza”, ha chiosato il consigliere Fnopi. Del resto, come si evince dal Codice Deontologico dell'Infermiere, scritto ancor prima della legge sul trattamento anticipato, rendere testimonianza e partecipare a scelte importanti come quelle previste dalla 219 del 2017 sono prerogative dell'attività e del ruolo dell'infermiere, che pertanto ha un peso fondamentale nella definizione del “bene” del paziente.
Info, programma completo e aggiornamenti: www.motoresanita.it