Rapporto GIMBE: 12 punti per salvare il Ssn e ridurre gli sprechi rilanciando il servizio pubblico

Un piano di “salvataggio” in 12 punti per il Servizio sanitario nazionale:

  1. salute al centro di tutte le decisioni politiche non solo sanitarie, ma anche industriali, ambientali, sociali, economiche e fiscali; cercertezze sulle risorse per la sanità:

  2.  stop alle periodiche revisioni al ribasso e rilancio del finanziamento pubblico;

  3.  maggiori capacità di indirizzo e verifica dello stato sulle Regioni nel pieno rispetto delle loro autonomie;

  4. costruire un servizio socio-sanitario nazionale, perché i bisogni sociali sono strettamente correlati a quelli sanitari;

  5. ridisegnare il perimetro dei Lea secondo evidenze scientifiche e princìpi di costo-efficacia e rivalutare la detraibilità delle spese mediche secondo gli stessi criteri;

  6. eliminare il superticket e definire criteri nazionali di compartecipazione alla spesa sanitaria equi e omogenei;

  7. piano nazionale contro gli sprechi in sanità, per recuperare almeno 1 dei 2 euro sprecati ogni 10 spesi;

  8. riordino legislativo della sanità integrativa per evitare derive consumistiche e di privatizzazione;

  9. sana integrazione pubblico-privato e libera professione regolamentata secondo i reali bisogni di salute delle persone;

  10. rilanciare le politiche per il personale e programmare adeguatamente il fabbisogno di medici, specialisti e altri professionisti sanitari;

  11. finanziare ricerca clinica e organizzativa: almeno l’1% del fondo sanitario nazionale per rispondere a quesiti rilevanti per il Ssn;

  12. programma nazionale d’informazione scientifica a cittadini e pazienti per debellare le fake-news, ridurre il consumismo sanitario e promuovere decisioni realmente informate.

E per farlo ridurre almeno sei categorie di sprechi:

·         SOVRA-UTILIZZO. Prescrizione/erogazione di interventi sanitari (preventivi, diagnostici, terapeutici, assistenziali, organizzativi, riabilitativi, palliativi, educazionali) i cui potenziali rischi sono maggiori dei benefici, i benefici sono minimi rispetto ai costi sostenuti, oppure i benefici non sono noti;

·         FRODI E ABUSI. Risorse erose direttamente o indirettamente da fenomeni corruttivi e/o da comportamenti opportunistici influenzati da conflitti di interesse, che non configurano necessariamente reato o illecito amministrativo;

·         ACQUISTI A COSTI ECCESSIVI. Acquisti a costi non standardizzati, oltre il valore di mercato e con differenze regionali e locali;

·         SOTTO-UTILIZZO. Sotto-utilizzo di interventi sanitari (preventivi, diagnostici, terapeutici, assistenziali, organizzativi, riabilitativi, palliativi, educazionali) dal value elevato: efficaci, appropriati, dal costo adeguato rispetto alle alternative;

·         COMPLESSITÀ AMMINISTRATIVE. Processi non clinici (burocratici, gestionali, amministrativi) che consumano risorse senza generare value;

·         INADEGUATO COORDINAMENTO DELL'ASSISTENZA. Inefficienze intraziendali e interaziendali e/o scarsa integrazione tra diversi setting assistenziali o tra vari servizi dello stesso setting.

E’ la ricetta scritta nel 3° Rapporto sulla sostenibilità del Servizio sanitario nazionale, elaborato dalla Fondazione GIMBE nell’ambito della campagna #salviamoSSN e presentato oggi a Roma, in cui si sottolinea che per salvare la sanità pubblica “occorre anzitutto una esplicita volontà politica documentabile da tre segnali, oggi molto evanescenti: rimettere la sanità pubblica e il welfare in generale al centro dell'agenda politica; Governo, Regioni e Parlamento devono confermare all`unisono che l`obiettivo del Ssn è ancora quello definito dalla 833/78 che lo ha istituito; pianificazione finanziaria e programmazione sanitaria devono essere perfettamente sintonizzate, senza alcuna subordinazione, perché salvaguardare la sanità pubblica e la salute delle persone è importante tanto quanto i vincoli di bilancio”.

I 12 punti programmatici del “piano di salvataggio”, che saranno sottoposti a continua rivalutazione attraverso periodiche consultazioni pubbliche, costituiranno il riferimento per la campagna #salviamoSSN e per l’Osservatorio GIMBE, con l’obiettivo di monitorare il programma di Governo per la sanità, o in caso di anticipato ritorno alle urne per un nuovo fact checking dei programmi elettorali.

La pubblicazione del Rapporto coincide con l`avvio di un nuovo Esecutivo nel cui “contratto di governo”, alla sezione Sanità, si legge che è prioritario preservare l`attuale modello di gestione del servizio sanitario a finanziamento prevalentemente pubblico e tutelare il principio universalistico del Servizio Sanitario Nazionale. E si punta al recupero di risorse con una efficace lotta agli sprechi e alle inefficienze, e grazie alla revisione della governance farmaceutica, alla lotta alla corruzione e alla promozione della trasparenza.

“Rispetto a tali punti programmatici – sottolinea la fondazione Gimbe – le valutazioni del Rapporto dimostrano che se il disinvestimento da sprechi e inefficienze è condicio sine qua non per salvare il SSN, in assenza di un consistente rilancio del finanziamento pubblico sarà comunque impossibile mantenere un servizio sanitario pubblico equo e universalistico”.

Come rilevato dai numerosi feedback raccolti in occasione della consultazione pubblica sul 2° Rapporto GIMBE, il fabbisogno di 210 miliardi al 2025 risultava ampiamente sottostimato. Per questo nel nuovo Rapporto la stima viene innalzata a 220 miliardi anche in considerazione di ulteriori analisi effettuate sui seguenti fattori:

  • entità del sotto-finanziamento del Ssn;
  • benchmark con i paesi dell’Europa occidentale;

  • sottostima dell’impatto economico dei nuovi LEA;

  • evidenza di inadempimenti LEA in varie Regioni: screening oncologici, ADI, hospice, lungodegenze, etc.;

  • inderogabile necessità di rilancio delle politiche per il personale sanitario: stabilizzazioni,
  • nuove assunzioni, adeguamenti salariali a standard europei;
  • imminente immissione sul mercato di numerose innovazioni farmacologiche dai costi molto elevati;
  • necessità di ammodernamento tecnologico;

  • invecchiamento della popolazione;

  • rinuncia a prestazioni sanitarie (dati ISTAT).

E sono escluse dal conto, sottolinea il Rapporto, le risorse da destinare al piano straordinario di investimenti per l’edilizia sanitaria; i bisogni socio-sanitari, stimati dall’Istituto Dirpolis della Scuola Sant’Anna di Pisa in oltre 17 miliardi, di cui 9 per l’assistenza familiare e i servizi di badantato, 4,2 di partecipazione alle spese sociali e 4,1 di mancato reddito dei caregiver.

E’ indispensabile quindi, secondo il Rapporto, disinvestire da sprechi e inefficienze, non solo con azioni puntuali di spending review, ma prevedendo interventi strutturali e organizzativi in grado di eliminare con precisione chirurgica e in maniera definitiva specifiche tipologie di sprechi. Per ottenere questo risultato, che permetterebbe un incremento non lineare nel recupero di risorse è necessario disegnare e attuare un piano nazionale di prevenzione e riduzione degli sprechi, come previsto dal “piano di salvataggio”.

La stima del potenziale recupero di risorse entro il 2025 ammonterebbe a 72,1 miliardi sulla base delle seguenti assunzioni:

– entità degli sprechi sulla spesa pubblica: ipotizzando una percentuale degli sprechi costante (19%) in assenza di azioni correttive (business as usual) e tenendo conto di un incremento della spesa pubblica di  9 miliardi, le risorse potenzialmente recuperabili entro il 2025 ammonterebbero a oltre 220 miliardi;

– obiettivo del disinvestimento entro il 2025: almeno un terzo degli sprechi totali;

– soglia di accettabilità di sprechi al 2025: 10 miliardi.

Nonostante la stima prudenziale di 220 miliardi al 2025 e la scarsa probabilità di poter riqualificare oltre  70 miliardi di spesa pubblica nei prossimi anni, l’entità delle risorse necessarie a colmare il gap – conclude il Rapporto – richiedono scelte politiche ben precise: in assenza di un consistente rilancio del finanziamento pubblico il SSN al 2025 sarà infatti impossibile preservare un servizio sanitario pubblico equo e universalistico, considerato che la soluzione non può essere sicuramente identificata nel “secondo pilastro”.

IL 3° RAPPORTO GIMBE