Aderenza terapeutica: infermiere primo riferimento del paziente. Fnopi su rapporto Cittadinanzattiva

La verifica e il supporto al paziente per l’aderenza terapeutica è un ruolo dell’infermiere.

“Già nel nostro profilo professionale, fin dal 1994 – spiega Barbara Mangiacavalli, presidente della Federazione nazionale degli Ordini delle professioni infermieristiche (Fnopi) il più grande Ordine d’Italia con i suoi oltre 440mila iscritti – è scritto chiaramente che l’infermiere garantisce la corretta applicazione delle prescrizioni diagnostico-terapeutiche. Poi, nell’indagine dei Cittadinanzattiva, cinque Regioni hanno individuato l’infermiere come professionista principale per garantire l’aderenza terapeutica”.

Secondo il rapporto di Cittadinazattiva le Regioni sono molte attente all’appropriatezza prescrittiva, meno all’informazione e agli strumenti tecnologici di supporto al paziente per migliorare l’aderenza alle terapie. L'analisi civica sul tema realizzata da Cittadinanzattiva-Tribunale per i diritti del malato, con il contributo non condizionato di Servier, attraverso la risposta a questionari rivolti agli assessorati alla salute ha riguardato da parte di 13 Regioni (Campania, Friuli Venezia Giulia-FVG; Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Molise, Sardegna, PA Bolzano, PA Trento, Umbria, Valle d’Aosta e Veneto) e a 264 professionisti sanitari.

Secondo stime dell’Oms, il 30/50% dei farmaci prescritti non sono assunti come dovrebbero; inoltre tra il 30% e il 70% dei pazienti commette errori o scambi involontari di farmaci. Secondo il Piano Nazionale delle Cronicità sono stati 194.500 decessi nell’Unione europea per mancanza di aderenza o per errori nel dosaggio o assunzione di farmaci, con una spesa di 125mld di euro l’anno per ricoveri.  

Tra i fattori che incidono maggiormente sulla mancata aderenza alle terapie ci sono: la compresenza di più patologie, la scarsa motivazione del paziente o frustrazione nel non percepire esiti e benefici dalle cure; la scarsa comprensione sulla terapia da seguire; difficoltà economiche e sociali che colpiscono il paziente, ma anche motivi organizzativi e carenze nei servizi sanitari. 

Tutte le 13 Regioni che hanno risposto al questionario hanno individuato nel medico di famiglia e nel pediatra di libera scelta il professionista principale per l’ aderenza terapeutica. Seguono gli specialisti, poi i farmacisti delle farmacie convenzionate (7 Regioni) e i farmacisti del SSN (6 Regioni) e ancora gli infermieri (5 Regioni). 

Nessuna Regione ritiene prioritario puntare sul care-giver professionale (es. badanti) per implementare l’aderenza alle terapie; mentre le Associazioni di volontariato e dei pazienti risultano avere un ruolo secondario rispetto a quello dei professionisti sanitari. Solo il Friuli Venezia Giulia, il Molise e la P.A. di Trento stanno investendo anche sull’associazionismo per migliorare l’aderenza.

Anche la tecnologia è a macchia di leopardo: 7 Regioni (Campania, FVG, Lombardia, Marche, Molise, P.A. di Trento, Valle d’Aosta) utilizzano la telemedicina; 5 Regioni la teleassistenza (FVG, Marche, Molise, Valle d’Aosta, Veneto); il tele-monitoraggio solo Molise, Valle d’Aosta, Veneto; l’Umbria ha realizzato un gestionale per la presa in carico delle dimissioni protette. FVG; Lazio, Liguria, Marche, Valle d’Aosta utilizzano software, moduli, servizi di recall o sms per migliorare l’adesione. Campania, Lombardia, Sardegna e Veneto non rispondono su questo punto.

“E’ necessario dare tempestiva e piena attuazione su tutto il territorio nazionale alle indicazioni contenute nel Piano Nazionale della Cronicità (PNC), in riferimento al sezione “Terapie e aderenza terapeutica”. Ciò che va scongiurato è il rischio di interventi regionali e territoriali frammentati e a silos, per avere una politica il più possibile unitaria e sistemica sull’aderenza alle terapie”, ha dichiarato Tonino Aceti, Coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato di Cittadinanzattiva.

Ma la Fnopi spiega – come già fatto in occasione della recente conferenza su “Nuove terapie e cure appropriate” che si è svolta al ministero della Salute e della presentazione sulle cure domicialiri di Italia Longeva – che è l’infermiere che accompagna il paziente durante tutto l’arco dei suoi bisogni sanitari, 24 ore su 24, non solo in ospedale, ma anche sul territorio, seppure in questo caso le lacune del servizio pubblico sono ancora notevoli nonostante la buona volontà dei piani come quello delle cronicità o per l’ospedale di comunità.

“Il ruolo del medico – prosegue Mangiacavalli – è ovvio e fondamentale: fa la diagnosi, stabilisce la terapia e interviene in caso di complicanze o di necessità subentranti. Quello del farmacista è essenziale non solo per consigliare semmai il paziente sull’uso del farmaco, ma anche per sue eventuali sostituzioni o per la segnalazione immediata di eventi avversi. Il compito dell’infermiere è evidente: è accanto al paziente e lo guida, lo sostiene e lo consiglia nella sua terapia perché l’aderenza a questa sia assoluta. Ma c’è di più. A gennaio 2015, nel decreto legislativo di recepimento della direttiva 2013/55/UE, quella che ha istituito la tessera professionale europea, è scritto chiaro che l’infermiere ha la competenza di orientare individui, famiglie e gruppi verso stili di vita sani e l'autoterapia, sulla base delle conoscenze e delle abilità acquisite. E anche La competenza di comunicare in modo professionale e di cooperare con gli esponenti di altre professioni del settore sanitario”.

Questo secondo la presidente Fnopi si traduce nell’essere il ponte essenziale con le associazioni dei cittadini e dei malati perché la rete di queste sia in grado di costruire vere e proprie mura di cinta che proteggano il paziente, la sua terapia la correttezza e quindi l’efficiacia di questa.

“Dice bene Cittadinanzattiva nelle sue proposte – dichiara Cosimo Cicia, componente del Comitato Centrale Fnopi, presente all’evento sull’aderenza terapeutica – : il cittadino va aiutato e guidato con ogni mezzo, dalla tecnologia (oggi davvero carente al suo livello) al suo stesso protagonismo nella terapia, garantendo  counseling, tempo adeguato a una comunicazione efficace sulla/e patologia/e, sulla terapia/e, sulla durata del trattamento e sulla periodicità dei controlli per offrire un ‘sostegno ai comportamenti più utili’, per consolidare l’adesione al percorso terapeutico in una relazione costruttiva tra la persona e l’equipe di cura”. 

“E – prosegue Cicia – dice ancora meglio quando parla di valorizzare di più le competenze di tutte le professionalità coinvolte, capitalizzando anche la vicinanza e la prossimità rispetto al cittadino, soprattutto per venire incontro alle fragilità della persona, delle famiglie e delle aree disagiate, come ad esempio le aree interne. Un’affermazione che tradotta è quella multiprofessionalità difronte ai bisogni dei cittadini che come infermieri portiamo avanti da anni senza stancarci, certi che sia il nuovo modello, l’unico su cui può far contro il Servizio sanitario nazionale”.

Sono anche gli stessi cittadini a chiederlo: nell’indagine condotta dall’Osservatorio civico Fnopi-Cittadinanzattiva hanno affermato che gli infermieri hanno dedicato il tempo necessario a informare e rispondere a domande (77,76%), fornendo informazioni chiare e comprensibili (80,08%) e spiegando prima di esami, terapie e trattamenti, cosa stava per accadere, gli effetti positivi e negativi possibili (72,20%).

“Sono queste le basi dell’aderenza terapeutica – conclude Mangiacavalli -. Gli stessi cittadini, da veri protagonisti al centro della ‘loro’ assistenza, lo confermano”.

LE RACCOMANDAZIONI CIVICHE SULL'ADERENZA TERAPEUTICA