Tre buone notizie con la conversione in legge del decreto Calabria secondo Barbara Mangiacavalli, presidente della Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche che da sola comprende il 45% circa dei professionisti sanitari italiano con i suoi oltre 450mila iscritti agli Ordini:
1) si tenta di rimettere al centro la legalità in una Regione dove cittadini, operatori e sistema si confrontano ogni giorno con cattiva gestione, assistenza e qualità delle cure tra i più critici del nostro paese;
2) si supera finalmente l’odioso tetto di spesa per il personale fissato a quella 2004 meno l’1,4% che ha portato a riduzioni di organici anche nelle Regioni virtuose per garantire il risparmio;
3) è possibile lo sblocco del turn over anche nelle Regioni in piano di rientro che finora sono state massacrate da questa norma squisitamente di carattere economico che dal 2009 (ultimo contratto) al 2017, ha fatto sì che su quasi 13mila infermieri persi, il 70% fosse in queste Regioni.
“È un Decreto che prova a tracciare una prospettiva migliore per la Calabria, per il personale sanitario e per i Livelli essenziali di assistenza che devono essere garantiti a tutti i cittadini e in tutte le Regioni. Si cerca uscire dall’aspirale recessiva nelle assunzioni – afferma Mangiacavalli – che ha portato a un tale impoverimento degli organici da far scattare l’allarme per molti rischi per la salute. Non ultimo quello denunciato in questi giorni per gli ospedali pediatrici dove troppi pazienti per ogni infermiere e l’assegnazione ai nostri professionisti di compiti impropri rispetto all’assistenza, aumentano del 25% circa il rischio di mortalità. Dato questo che già a livello generale era stato denunciato da studi internazionali e quantificato per gli adulti sempre in un aumento del rischio di mortalità di circa il 30% legato alla carenza di infermieri”.
Come tutte le medaglie però, anche questa rischia di avere i suoi risvolti se non si faranno subito passi ulteriori. È il caso delle assunzioni.
Mangiacavalli spiega che queste sono legate infatti agli aumenti del fondo sanitario previsti negli anni, fondo sottoposto ancora una volta a una clausola di salvaguardia dell’Economia che nel Patto per la salute (e non solo) blocca tutto in caso le risorse non siano quelle stabilite e già purtroppo si inizia a parlare di possibili tagli rispetto alle previsioni.
“C’è poi l’allarme lanciato ieri da Giulio Gallera, assessore al welfare di Regione Lombardia – aggiunge – in merito alla possibilità che gli incrementi della spesa per il personale possano scattare solo dal 2020. Un allarme al quale devono seguire immediati chiarimenti e rassicurazioni, perché abbiamo bisogno di assumere ora se non vogliamo penalizzare i Lea”.
E ancora subito sullo sblocco del turn over nelle Regioni in piano di rientro. Opportunità importante che però le Regioni, alle prese con qualificazione dei conti e dei Lea, dovranno saper cogliere, soprattutto se gli aumenti del Fondo sanitario nazionale saranno confermati.
“Bene quindi le nuove norme – aggiunge -. Ora serve un passo in più: quello che porta a rendere certi gli investimenti in sanità con un aumento del fondo sanitario che sia svincolato dopo tanti anni di dipendenza dalle questioni dell’economia e sia certo e incomprimibile. Incremento della spesa del personale a partire dal 2019 e un nuovo modello di assistenza efficiente ed efficace, multiprofessionale e non solo ospedalocentrica – conclude – per il quale gli infermieri ci sono e hanno già messo sul tavolo le loro proposte di efficientamento. Dall’infermiere di famiglia alle specializzazioni infermieristiche che porterebbero a una ulteriore qualificazione dell’assistenza e al miglioramento soprattutto della risposta ai bisogni dei cittadini, il principale motivo di essere del Servizio sanitario nazionale stesso”.