
“Gli infermieri, per la natura stessa della loro professione, hanno una posizione di vicinanza continua al paziente e rivestono una funzione fondamentale in tutte le fasi del percorso oncologico, dalla presa in carico al follow up”. Valentina Vanzi, presidente della Commissione d’Albo Infermieri Pediatrici, insieme al vicepresidente FNOPI, Maurizio Zega, è intervenuta oggi, 23 aprile 2025, alla Commissione Affari Sociali della Camera nell’ambito dell’indagine conoscitiva sui Centri di oncofertilità.
“L’intervento della Federazione – ha spiegato Vanzi – vuole esporre il contributo che la professione infermieristica può offrire. Fermo restando che l’unico approccio valido ed applicabile alla salute riproduttiva in contesti oncologici debba essere necessariamente di tipo multiprofessionale, sottolineiamo come il ruolo dell’infermiere in questo processo non possa e non debba essere sottovalutato”.
La FNOPI ha citato anche il testo aggiornato del Codice Deontologico delle Professioni Infermieristiche, entrato in vigore a marzo 2025 nel quale viene rimarcato, a partire dall’articolo quattro, la centralità del gesto di cura che diventa dimensione relazionale qualificata a garanzia dell’esito e della qualità di vita.
“Si ribadisce la valenza e l’utilità, in termini clinico assistenziali di una presenza infermieristica sin dalle prime fasi della diagnosi e trattamento per assicurare che tutte le opzioni di preservazione della fertilità siano presentate, esplorate, comprese e condivise con i pazienti – ha aggiunto la presidente della Commissione d’Albo Infermieri Pediatrici -. La proattività deve essere considerata come il cardine su cui si basa l’interazione con il paziente, il motore della prevenzione e della tutela dell’applicazione della best practice per la promozione dell’oncofertilità nei pazienti a rischio. Se vogliamo che la preservazione della fertilità diventi realmente parte integrante dell’assistenza oncologica è indispensabile valorizzare e rafforzare il ruolo degli infermieri, offrire loro strumenti e legittimazione può fare la differenza non solo nel percorso di cura – ha concluso -, ma anche nella qualità di vita futura di questi pazienti”.