Il 21 giugno 2019 è stato presentato ufficialmente il nuovo Codice deontologico degli infermieri alla presenza di numerosissime autorità sanitarie italiane.
Fermo restando il restyling completo del Codice per adeguarlo alla nuova epidemiologia, alle nuove norme e alla crescita professionale vertiginosa degli infermieri negli ultimi dieci anni, i concetti chiave dal punto di vista deontologico che rappresentano il nuovo binario della deontologia ordinistica dei 450mila infermieri presenti in Italia si può articolare in un decalogo:
- L’infermiere è agente attivo nel contesto sociale a cui appartiene e in cui esercita.
- Il tempo di relazione (dell’infermiere) è tempo di cura.
- L’infermiere riconosce che la contenzione non è un atto terapeutico.
- L’infermiere non si sostituisce da altre figure professionali.
- L’infermiere ha una posizione di protezione dei confronti del cittadino assistito.
- L’infermiere presta particolare attenzione alla cura del dolore e al fine vita.
- L’infermiere ha libertà di coscienza.
- L’infermiere utilizza mezzi informatici e social media, per comunicare in modo scientifico ed etico, ricercando il dialogo e il confronto.
- L’infermiere cura la propria persona e il decoro personale.
- L’infermiere non svolge attività di natura consulenziale e peritale se non è in effettivo possesso delle specifiche competenze.
E nel Codice, come ha ancora sottolineato il presidente della Conferenza delle Regioni Stefano Bonaccini nel suo intervento, ci sono poi passaggi importanti per la professione come l’importanza dell’agire professionale fondato su evidenze, il positivo riferimento alla formazione, il richiamo alla lealtà e collaborazione con gli altri colleghi, l’attivazione dell’infermiere a tutela del paziente nei casi di privazioni, violenze o maltrattamenti, il rispetto della volontà del paziente. ”Condivisione è la parola chiave – ha detto Bonaccini riferendosi al rapporto tra professioni – e un sistema appropriato non lavora ‘per caste’, ma per competenze appropriate”, ha aggiunto garantendo che le Regioni si impegneranno a far crescere, anche con nuove specializzazioni, la professionalità degli infermieri.
E c’è un altro passaggio particolarmente apprezzato dalle Regioni: la distinzione di ruoli e responsabilità tra l’istituzione Ordine e l’amministrazione che ha ricevuto un mandato dalle comunità di governare un territorio e di prendere quindi delle scelte nell’interesse generale. L’uno non può surrogare l’altro, entrambi devono interagire e collaborare lealmente per realizzare i fini istituzionali che le Leggi gli hanno assegnato.
“Il Codice – ha aggiunto Mangiacavalli – può concorrere all’identità professionale, ma non è l’identità professionale. Quanto meno il Codice non può esaurirla perché l’identità professionale è sia deontologica, sia scientifica, sia personale. Ha una funzione fondamentale: regola il comportamento professionale che ognuno di noi poi declina sulla particolarità del caso clinico o del contesto organizzativo per offrire la migliore risposta in termini di salute, risposta che non può trovarsi nel codice, ma dentro l’agito consapevole e ragionato di tutti gli iscritti di cui il Codice è a supporto e non il contrario”.