CONTO ANNUALE 2020: IL COMMENTO DI FNOPI SUI DATI

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Maggio 2022

La pandemia ha paradossalmente riequilibrato le perdite di personale che dal 2009 al 2019 avevano caratterizzato gli organici del Ssn: secondo il Conto annuale 2020, appena pubblicato dalla Ragioneria generale dello Stato (ministero dell’Economia), rispetto alle oltre 45mila unità di personale in meno tra il 2009 e il 2019, con l’iniezione di organici 2020 per far fronte all’emergenza si hanno oggi circa 14mila unità di personale in più.

E tra queste gli infermieri avrebbero recuperato tutte le perdite subite nei dieci anni 2009-2019 con circa 8.800 unità in più nel 2020 a tempo indeterminato (dato questo già evidenziato lo scorso anno dalla Corte dei conti) che fa raggiungere agli organici del Ssn quasi quota 280mila, ma tuttavia non alleggerisce la carenza o il fabbisogno legato ai nuovi standard del territorio previsti dal cosiddetto ‘DM 71’ (deliberazione del Consiglio dei ministri del 21 aprile 2022), ma recuperano solo le perdite subite per i tagli legati alle razionalizzazioni di spesa, danno un po’ di sollievo ai blocchi di turn over per i quali sono andati in pensione e non rimpiazzati migliaia di professionisti e comunque azzerano del tutto i numeri già bassi di disoccupazione e sottoccupazione.

“A questo punto – commenta la presidente della Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche, Barbara Mangiacavalli – di infermieri a disposizione dei servizi non ce ne sono proprio più. Ora è necessaria una politica che consenta da un lato l’incremento degli organici e dall’altro, vista l’impossibilità di far fronte in breve tempo ai numeri che servono (tra i 50 e i 70mila infermieri come minimo), un salto di qualità nella professione con specializzazioni, una nuova politica della formazione e misure contrattuali che mettano in condizione chi c’è di gestire davvero l’assistenza secondo il nuovo modello che punta soprattutto (ma non solo) al territorio”.

A conferma delle necessità legate all’assistenza, ad aumentare di più dopo gli infermieri che nel nuovo modello sono cardine dei servizi previsti dal PNRR sono le professioni del ruolo tecnico di cui fanno parte gli operatori sociosanitari e i medici.

“Occorre lavorare – aggiunge Mangiacavalli – sul cambio di paradigma e sul cambio di modelli. I fabbisogni non possono essere definiti legandoli agli attuali modelli organizzativi che devono essere cambiati: non si possono mettere professionisti nuovi con competenze nuove dentro modelli vecchi. Il personale deve essere messo in rete in una logica trasversale con un paradigma diverso, rispetto al quale sono chiamati in causa l’università, il nostro ministero vigilante, quello della Salute, le Regioni e i principali stakeholder, dalle aziende sanitarie pubbliche alle organizzazioni datoriali private. La politica deve far presto”.

“In assoluto – spiega ancora la presidente FNOPI – vanno innovati i percorsi formativi delle professioni sanitarie e, per quanto riguarda le professioni che rappresento, il tema ormai imprescindibile è anche quello delle specializzazioni, orientando le lauree magistrali verso una formazione specialistica anche di tipo clinico. È arrivato veramente il momento di provare a ripensare alle declinazioni dei diversi profili delle diverse professioni, agli sviluppi specialistici delle professioni in coerenza con i bisogni di salute della popolazione da un lato, ma anche con le finalità del servizio sanitario nazionale dall’altro”.

“I quattro anni che abbiamo di fronte fino al 2026, anno di ‘chiusura’ del PNRR – conclude – sono anni che devono essere forieri di straordinari cambiamenti e rafforzamenti per le fondamenta del sistema sanitario. Per questo si deve fare lo sforzo di considerare la sanità come un insieme di professioni e non solo rispetto a una porzione di queste, atteggiamento che blocca la crescita e lo sviluppo di un nuovo modello”.

A QUESTO LINK IL CONTO ANNUALE 2020

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