Giornata del sollievo, Mangiacavalli: “Prendersi cura è nostra competenza, caratteristica della professione”

Giornata del sollievo, infermieri attori centrali.

“La cultura del sollievo è non solo una necessità per soddisfare i bisogni dei pazienti più fragili, ma un dovere morale per noi infermieri. E far sì che essa si propaghi e venga compresa è un compito non solo meritorio dal punto di vista umano, ma professionalmente caratterizzante per chi, come noi infermieri, ha deciso di dedicare la propria vita al prendersi cura”, ha detto Barbara Mangiacavalli, presidente della Federazione nazionale (Fnopi), la maggiore Federazione di Ordini professionali, che rappresenta gli oltre 445mila infermieri che operano in Italia, in occasione della giornata di presentazione della XVII Giornata Nazionale del Sollievo, organizzata dalla Conferenza delle Regioni italiane e dal Comitato Gigi Ghirotti Onlus, che ha anche organizzato da tempo un Centro d'ascolto per i malati oncologici.
 
“In questo senso – ha spiegato – le competenze distintive sono le caratteristiche intrinseche e salienti della nostra professione rispetto alle cure palliative e il lavoro sulle core competence rappresenta un’importantissima guida per chi si occupa di questo settore”.
 
Secondo la Fnopi la terapia del dolore è ormai inserita nei Livelli essenziali di assistenza, ma deve essere presente sia a livello domiciliare, sia come specializzazione.
 
La prospettiva infermieristica del lavoro in cure palliative si configura in alcuni punti essenziali, illustrati alla presentazione della Giornata dalla Vicepresidente FNOPI, Ausilia Pulimeno:
 
1. Il prendersi cura, che supera il concetto di trattamento e di intervento terapeutico. Ha come base di riferimento il farsi presenza attiva nel promuovere la qualità della vita del malato. Per qualità della vita intendiamo la percezione dell’individuo della propria posizione nella vita nel contesto dei sistemi culturali e dei valori di riferimento nei quali è inserito e in relazione ai propri obiettivi, aspettative, standard e interessi.
 
2. La valorizzazione delle risorse della persona assistita e della famiglia oltre che del tessuto sociale in cui sono inseriti.
 
3. Il lavoro in una moltitudine di professionisti e altri soggetti non professionali che sono coinvolte nel piano di cura.
 
4. Il pieno rispetto dell’autonomia e dei valori della persona malata. Considerando che per esprimere la propria autonomia è necessario che la persona abbia a disposizione le informazioni sulla propria situazione e sulle prospettive di cura e di assistenza. Un confronto autentico e sul piano di realtà e le proprie aspettative concorre a ristabilire elementi concreti di assistenza che evitano o diminuiscono delusioni, illusioni e crisi.
 
5. La forte integrazione fra professionisti e il pieno inserimento dell’assistenza infermieristica nella rete
dei servizi sanitari e sociali.
 
6. L’intensità e la complessità delle cure che devono essere in grado di dare risposte pronte ed efficaci al mutare dei bisogni del malato e della sua famiglia.
 
7. La continuità della cura fino all’ultimo istante.
 
8. La qualità delle prestazioni erogate come concorrente alla qualità delle cure complessive.
 
Per gli infermieri le cure palliative rappresentano dal punto di vista professionale anche un modello di implementazione delle competenze infermieristiche, come esempio per articolare i futuri percorsi di carriera e un modello per il mondo sanitario: dare appropriatezza al percorso assistenziale che l’infermiere compie di fronte a questi malati è non solo la manifestazione più evidente del nostro dovere professionale, ma anche di quello morale che abbiamo deciso di fare nostro nel momento stesso in cui abbiamo scelto la professione.
 
Le competenze più importanti degli infermieri nelle cure palliative sono:
 
– Capacità di esercitare la professione in accordo con i principi etici, deontologici, giuridici riconoscendo e affrontando, in equipe, le questioni eticomorali e le situazioni cliniche difficili e controverse.
 
– Capacità di personalizzare l’assistenza per migliorare la qualità di vita della persona assistita e della sua famiglia, alleviando la sofferenza fisica, psicosociale e spirituale, in equipe e in tutti i servizi della Rete.
 
– Capacità di prendersi cura di ogni persona (persona assistita, famiglia, di sé e dei componenti
dell’equipe), con sensibilità ed attenzione in modo globale, tollerante e non giudicante.
 
– Capacità di prendersi cura della persona assistita e della sua famiglia, garantendo il rispetto dei loro diritti, delle loro credenze, del loro sistema di valori e dei loro desideri.
 
– Capacità di comunicare in modo efficace con la persona assistita e con la sua famiglia, anche nei casi in cui si presentino alterazioni della comunicazione verbale e/o non verbale.
 
“Il risultato – ha detto Pulimeno – deve essere quello di un professionista evoluto e competente, ma anche e soprattutto di una multidisciplinarità di interventi evidente nella Società italiana di Cure Palliative che raccoglie tutti i professionisti del settore e rappresenta un esempio non solo per la questo aspetto multi- professionale, ma per tutta l’assistenza che mette e sa mettere al centro la persona, i suoi bisogni, la sua importanza clinica, ma anche morale, sociale e quella della sua famiglia e di chi vive accanto a lei i momenti più difficili dell’esistenza.
 
“Noi infermieri – ha commentato Mangiacavalli – sappiamo ascoltare i pazienti, li sappiamo capire e li aiutiamo oltre che dal punto di vista clinico anche da quello narrativo e biografico che in momenti di grave criticità rappresenta una componete essenziale dell’assistenza. E siamo, vogliamo e chiediamo di essere coinvolti in questa attività come l’espressione del necessario, anzi direi ormai indispensabile, insostituibile e ineludibile lavoro in team, priorità per ogni professionista dedicato ad affrontare accanto ai pazienti il loro dolore, con l’unico obiettivo da raggiungere ben identificato nel benessere del malato che va anche al di là del momento dell’acuzie e dell’emergenza”.
 
Il Santo Padre, ha ricordato Pulimeno alla presentazione della Giornata, nell’udienza privata concessa alla Fnopi il 3 marzo scorso ha detto che prendendoci  “cura di donne e di uomini, di bambini e anziani, in ogni fase della loro vita, dalla nascita alla morte, siete impegnati in un continuo ascolto, teso a comprendere quali siano le esigenze di quel malato, nella fase che sta attraversando”. 
 
Ha poi aggiunto, sottolineando proprio l’atteggiamento e la vocazione che caratterizza l’infermiere “non dimenticatevi della ‘medicina delle carezze’: è tanto importante! Una carezza, un sorriso, è pieno di significato per il malato. È semplice il gesto, ma lo porta su, si sente accompagnato, si sente persona, non un numero. Non dimenticatelo. Stando con i malati ed esercitando la vostra professione, voi stessi toccate i malati e, più di ogni altro, vi prendete cura del loro corpo. Quando lo fate, ricordate come Gesù toccò il lebbroso: in maniera non distratta, indifferente o infastidita, ma attenta e amorevole, che lo fece sentire rispettato e accudito. Facendo così, il contatto che si stabilisce con i pazienti porta loro come un riverbero della vicinanza di Dio Padre, della sua tenerezza per ognuno dei suoi figli. Proprio la tenerezza: la tenerezza è la ‘chiave’ per capire l’ammalato ed è anche una medicina preziosa per la sua guarigione. E la tenerezza passa dal cuore alle mani, passa attraverso un ‘toccare’ le ferite pieno di rispetto e di amore”.
 
E di questo ne è prova una frase di un malato in una struttura anche di cure palliative raccolta nelle interviste dell’Osservatorio civico Fnopi-Cittadinanzattiva, da cui emerge che secondo quanto dichiarato dagli stessi cittadini, gli infermieri danno sicurezza nella loro assistenza (79,89%), si occupano e prestano attenzione alla presenza di dolore nei pazienti attivandosi e coordinandosi con altri professionisti (medici) per gestirlo in modo tempestivo (76,34%) e anzi lavorano sempre in modo coordinato e integrato con medici e altri operatori sanitari (64,59%): “Ero molto preoccupato… la mano che ha sempre tenuto sul mio fianco (l’infermiera. N.d.r.) mi ha dato sicurezza: quando avevo i conati più forti lei la muoveva facendomi capire la sua partecipazione e mi ha dato tanta sicurezza”.
 
“Questo – conclude Mangiacavalli – è l’infermiere. E quest’opera è la sua guida per poter fare sempre
meglio, per essere sempre attivo con la sua professione ad alto livello accanto alla persona”.
 
 “Le Cure palliative sono certamente un’esigenza del paziente, ma rappresentano anche una opportunità ed una sfida per il servizio sanitario”, lo ha dichiarato Antonio Saitta, coordinatore della commissione Salute delle Regioni e assessore del Piemonte.
 
“E forse proprio questo duplice aspetto può sintetizzare quell’azione corale che stiamo portando avanti per la Giornata nazionale del sollievo. Un’azione che trova una risposta puntuale con l’organizzazione di manifestazioni – tutt’altro che celebrative, anzi molto puntuali e pragmatiche – nelle Regioni italiane. La segreteria della Conferenza delle Regioni ha censito quest’anno 151 iniziative (16 in più rispetto allo scorso anno) in 16 Regioni. Consideriamolo 'il regalo del territorio, il riconoscimento delle Regioni e del servizio sanitario' ad un impegno di sistema che è fondamentale, quello della lotta al dolore, che certamente – ha concluso Saitta – meriterebbe ancora più valorizzazione, sforzi ed informazioni”.
 
Il dossier offre uno spaccato significativo di quanto i temi della lotta al dolore, delle cure palliative e della umanizzazione dell’assistenza sia particolarmente avvertito in tutto il Paese.