Rapporto Professioni Infermieristiche. FNOPI: “Partire dai dati per istituire una cabina di regia governativa”

“Vogliamo fare in modo che il nostro Rapporto, di anno in anno, sia presente sulle scrivanie dei decisori, a disposizione per acquisire dati certi sulla nostra Professione. L’obiettivo è trasformare i dati in informazioni, perché le informazioni servono ad assumere le decisioni che, nel nostro caso, non possono essere esclusiva di un unico ministero”. Così la presidente FNOPI, Barbara Mangiacavalli, in apertura della Giornata Internazionale dell’Infermiere, celebrata a Roma, a Palazzo Rospigliosi, con la presentazione del primo Rapporto sulle professioni infermieristiche realizzato dalla Federazione in collaborazione con la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.
Il Rapporto ambisce a raccogliere e a certificare le principali evidenze disponibili sugli infermieri in Italia, confrontandole con il quadro europeo e analizzando la situazione delle singole Regioni, perché, ha sottolineato la presidente Mangiacavalli – “la complessità della questione infermieristica richiede l’istituzione di una cabina di regia con poteri straordinari in grado di coinvolgere più strutture di vertice e toccare diversi ambiti di intervento per prendere definitivamente un problema che non appartiene a una categoria professionale, ma all’Italia intera”.

Per il ministro della Salute, Orazio Schillaci, che ha partecipato alla Giornata inviando un saluto scritto, “il Rapporto può realmente essere uno strumento di orientamento per le istituzioni e ne faremo tesoro. Bisogna prevedere percorsi che rendano possibili e agevoli prospettive di carriera per ridare attrattività alla professione. In questa direzione questo Governo ha adottato una serie di interventi per una valorizzazione economica degli infermieri: misure sulla libera professione per chi lavora nel servizio pubblico, indennità per chi è occupato nell’emergenza urgenza e detassazione degli straordinari, per citarne alcune.

L’impegno – ha aggiunto Schillaci – è quello di riportare i giovani a scegliere questo corso di studi, anche e soprattutto investendo sulla motivazione. Come emerge dal vostro studio c’è un crescente interesse per le lauree magistrali; i nostri giovani hanno voglia di ampliare le loro conoscenze e hanno legittime ambizioni di crescita. La sfida che abbiamo davanti va ben oltre la capacità di curare e di fornire assistenza, ma richiede investimenti nella prevenzione primaria, secondaria e terziaria. Ci impone di spingere verso l’integrazione ospedale e territorio e verso un approccio che oggi non può che essere multidisciplinare e multisettoriale. In questo processo di riforma – ha concluso il ministro -, l’Infermiere di Famiglia e di Comunità può svolgere un ruolo cruciale, in team con altre figure, che va sostenuto e valorizzato, nell’interesse dei pazienti e a salvaguardia della nostra sanità pubblica”.

L’evento, moderato dalla giornalista del Sole 24 Ore, Barbara Gobbi, è proseguito raccogliendo importanti interventi istituzionali. “A breve il ddl sulle professioni sanitarie, su cui abbiamo portato avanti un’indagine conoscitiva e a cui sta lavorando il governo, sarà incardinato in Commissione alla Camera – ha anticipato dal palco di Palazzo Rospigliosi il presidente della Commissione affari sociali della Camera Ugo Cappellacci –. All’interno di questo percorso, potremo fare in modo che la professione infermieristica abbia le gratificazioni che merita, anche attraverso un meccanismo di integrazione con le altre professionalità, in modo tale che possa esserci un percorso virtuoso anche all’interno dei luoghi di lavoro”.

Ad accompagnare i rappresentanti delle istituzioni e il pubblico presente in sala all’interno dei contenuti del Rapporto sono stati i professori e ricercatori della Scuola Superiore Sant’Anna: Milena Vainieri, Sabina Nuti (già rettrice) e Lorenzo Taddeucci.
Scorrendo le pagine del report, emerge un identikit della Professione in cui il rapporto tra infermieri e abitanti è più basso nei due estremi della penisola: Sicilia e Lombardia. A livello stipendiale, i professionisti meglio pagati sono in Trentino Alto-Adige ed Emilia-Romagna e i salari minori si registrano in Campania e Molise. Gli infermieri maggiormente soddisfatti sono tra coloro che lavorano nel contesto dell’assistenza domiciliare, sul territorio, rispetto a quanti operano in ospedale, soprattutto se non vengono coinvolti a sufficienza nei processi gestionali. Ma tanti continuano a scegliere il settore pubblico, con un picco di interesse dell’84,9% nel 2018. Nel 2023, il 78,9% dei laureati preferisce il settore pubblico, indicando una costante alta preferenza per questa opzione. Molto positivi i riscontri acquisiti sulla soddisfazione dei pazienti per fattori come coinvolgimento nelle decisioni (78 su 100), chiarezza e utilità delle informazioni ricevute (91 su 100), rispetto e dignità (94 su 100), supporto emotivo (95 su 100).
Dal punto di vista dell’adozione del DM 77 a livello regionale non c’è una prassi uniforme e standardizzata, ma molta frammentazione. La formazione si conferma il punto di forza e di svolta per lo sviluppo della Professione infermieristicaSignificativo il dato sulla progressiva diminuzione dell’età media alla laurea triennale, che passa da una percentuale maggiore per la fascia di età superiore ai 27 anni nel 2004 fino a concentrarsi nella fascia da meno di 23 a 24 anni nel 2023 (36,1%), attestandosi su un’età media di 25,2 anni. Anche sulla provenienza degli studenti si nota un’evoluzione interessante: negli anni più recenti si è verificato un aumento significativo della percentuale di iscritti ad Infermieristica provenienti da licei che, nel 2023, rappresentavano il 68,2% degli iscritti. Altrettanto significativo il dato del 2023, con il 92,3% dei laureati magistrali che ha trovato lavoro in un ambito coerente agli studi, evidenziando una stretta connessione tra il percorso accademico magistrale e l’ambito lavorativo.
A seguire con interesse l’illustrazione del Rapporto, il sottosegretario alla Salute,  Marcello Gemmato, che ha sottolineato come, “oltre alla valorizzazione economica”, serva “lavorare per la valorizzazione professionale e per l’attrattività dell’infermieristica. Si tratta di professionisti laureati con percorsi di 3 o 5 anni e dobbiamo lavorare affinché aumentino i ruoli dirigenziali, soprattutto in quelle che saranno le future case di comunità e nell’erogazione di servizi sanitari di prossimità. Dai dati presentati oggi da FNOPI e Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa – ha osservato – emerge una forte differenza tra le Regioni, alcune hanno già emanato atti aziendali che consentono agli infermieri di poter ricoprire ruoli dirigenziali, altre, purtroppo, su questo non si sono ancora espresse. Il Ministero della Salute, nella sua funzione di indirizzo e controllo, farà emergere questo aspetto, sottolineando sempre che la presenza di infermieri nei ruoli dirigenziali, non solo migliora le performance di salute, ma aiuta ad equilibrare e ottimizzare la spesa sanitaria”.
Per Tonino Aceti, presidente di Salutequità, “il Rapporto rappresenta una tecnologia a disposizione della comunità infermieristica per fare lobbying basandosi sulle evidenze scientifiche e questo rappresenta un cambio di passo e un’accelerazione importante. Diventa uno strumento che garantisce al Servizio Sanitario Nazionale un’attività propositiva basata sulle evidenze e questo non è scontato. Non tutto quello che si sceglie in sanità è basato sulle evidenze e del fatto che oggi ci sia questa possibilità va dato merito agli infermieri”.