Sindrome di Astinenza Neonatale, l’altra faccia della dipendenza materna

Ogni anno, il 26 giugno, il mondo si unisce per la Giornata Internazionale contro l’Abuso e il Traffico Illecito di Droga. Un’occasione per riflettere sull’impatto devastante che le sostanze stupefacenti hanno sulle nostre comunità, sulle famiglie e, purtroppo, sui soggetti più fragili e indifesi: i bambini.

Importanti progressi sono stati fatti in termini di prevenzione e di trattamento delle tossicodipendenze, ma è fondamentale accendere i riflettori su un aspetto spesso ignorato o poco conosciuto: l’esposizione prenatale alle droghe e le gravi conseguenze che questa ha sulla salute e sul benessere dei neonati.

Quando una donna in gravidanza fa uso di sostanze stupefacenti, queste non rimangono confinate al suo corpo ma, attraverso la placenta, raggiungono il feto in via di sviluppo con conseguenze molto variabili (aborti spontanei, parti prematuri, malformazioni congenite e problemi di crescita intrauterina).

Purtroppo, molti dei neonati figli di donne che hanno fatto uso di sostanze stupefacenti durante la gravidanza, dopo la nascita si trovano ad affrontare una dura prova. La Sindrome di Astinenza Neonatale (SAN) è una condizione in cui il neonato, esposto alle droghe in utero, manifesta sintomi di astinenza dopo la nascita, quando il rifornimento costante della sostanza viene bruscamente interrotto. I sintomi possono variare ampiamente a seconda del tipo di sostanza, della dose, della frequenza d’uso e del metabolismo del neonato.

Si stima che, a livello globale, tra l’1% e il 5% delle donne in gravidanza faccia uso di sostanze illecite, con variazioni significative tra le diverse aree e popolazioni. In Italia, ogni anno vengono diagnosticati circa 2.000 neonati con SAN. Le sostanze più comuni in Italia sono principalmente gli oppiacei, come eroina e metadone, che possono causare sintomi di astinenza in circa la metà dei neonati esposti in utero. Anche altre droghe, come barbiturici, narcotici e amfetamine, sono frequentemente coinvolte. Inoltre, l’alcol può provocare una forma di astinenza neonatale nell’ambito della sindrome feto-alcolica fondamentale.

I sintomi di un neonato con SAN possono variare ampiamente a seconda del tipo di sostanza, della dose, della frequenza d’uso e del metabolismo del neonato. Quando un neonato con sospetta o confermata SAN arriva in reparto, è di fondamentale importanza osservare e registrare tutti i possibili segni e sintomi legati all’astinenza (tremori degli arti, sbadigli eccessivi, irritabilità, pianto inconsolabile, difficoltà nella suzione, vomito).  In letteratura sono presenti scale validate (come la scala di Finnegan) che vengono utilizzate quotidianamente per quantificare la gravità dei sintomi e orientare la terapia da somministrare.

Il ruolo dell’infermiere va ben oltre la somministrazione di farmaci (principalmente oppioidi) che vengono utilizzati con estrema attenzione per ridurre i sintomi e favorire l’adattamento del neonato. È molto importante adottare tutte quelle strategie, nella qualità del micro e macroambiente e nella relazione con il neonato e i suoi caregiver, che aiutano a favorire il suo benessere.

Le condizioni ottimali prevedono luci soffuse, una riduzione dei rumori ambientali e un contatto fisico costante, elementi che contribuiscono alla regolazione neurofisiologica del piccolo.

Uno degli interventi più efficaci, quando praticabile, è la Kangaroo Care (KC) che permette di gestire i tremori e favorire una sensazione di sicurezza al bambino. Diversamente, è possibile adottare strategie di contenimento come il wrapping o lo swaddling, che aiutano a ridurre la disorganizzazione motoria.

L’alimentazione viene attentamente modulata, con somministrazioni frequenti e a piccole dosi, adattandosi alle difficoltà di suzione e deglutizione tipiche di questi neonati. Le madri in condizioni cliniche stabili, che stanno seguendo un programma di recupero per la dipendenza, vengono incentivate ad avviare l’allattamento al seno, sempre che non vi siano controindicazioni specifiche.

Numerosi studi dimostrano che l’allattamento materno, quando possibile, è anche associato a una riduzione della durata della degenza ospedaliera e a una minore necessità di intervento farmacologico per la gestione della SAN. Pertanto, con un adeguato monitoraggio clinico, il latte materno può rappresentare un ulteriore strumento per migliorare la stabilizzazione del neonato e favorire il suo benessere a lungo termine.

Non meno importante è il supporto alla relazione madre-bambino e il lavoro multidisciplinare con altre figure professionali spesso coinvolte come l’assistente sociale e lo psicologo. Molte di queste madri vivono situazioni di fragilità e stigma. Ci si sforza sempre di fornire un ambiente non giudicante, incoraggiante e partecipante mediante il contatto precoce, il supporto nelle tecniche di accudimento e il supporto emotivo.  Il legame affettivo è cruciale per il recupero del bambino e per il percorso di rinascita della madre. È essenziale comprendere che “i genitori possono essere il trattamento per il bambino ed il bambino può essere il trattamento per i genitori”. Il ruolo educativo verso i genitori è essenziale per supportarli nel percorso di cura e rafforzare il legame con il neonato.

Infine, il follow-up post-dimissione riveste un ruolo essenziale nel monitoraggio dello sviluppo del bambino e nel sostegno alla madre, promuovendo percorsi di accompagnamento che favoriscano il recupero e la stabilità familiare. Un’assistenza multidisciplinare e sensibile alle condizioni sociali può contribuire in modo significativo al benessere di entrambi.

Mentre l’incidenza esatta della SAN può essere difficile da tracciare per la complessità delle sostanze coinvolte, è chiaro che il trattamento dei piccoli pazienti e delle loro madri richiede risorse sanitarie significative e un approccio altamente specializzato e multidisciplinare.

Nella Giornata Internazionale contro l’Abuso e il Traffico Illecito di Droga, è fondamentale promuovere un messaggio di speranza e impegno concreto. La prevenzione, l’intervento precoce e un supporto integrato sono le chiavi per costruire un futuro migliore per tutti i nostri bambini.

A cura della Commissione nazionale d’Albo Infermieri Pediatrici

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