RUOLO DELL’INFERMIERE NELL’ADERENZA TERAPEUTICA

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Secondo stime dell’Oms, il 30/50% dei farmaci prescritti non sono assunti come dovrebbero; inoltre tra il 30% e il 70% dei pazienti commette errori o scambi involontari di farmaci. Secondo il Piano Nazionale delle Cronicità ci sono stati 194.500 decessi nell’Unione europea per mancanza di aderenza o per errori nel dosaggio o assunzione di farmaci, con una spesa di 125mld di euro l’anno per ricoveri.
Secondo il rapporto di Cittadinazattiva le Regioni sono molte attente all’appropriatezza prescrittiva, meno all’informazione e agli strumenti tecnologici di supporto al paziente per migliorare l’aderenza alle terapie. L’analisi civica sul tema realizzata da Cittadinanzattiva-Tribunale per i diritti del malato, con il contributo non condizionato di Servier, attraverso la risposta a questionari rivolti agli assessorati alla salute ha riguardato da parte di 13 Regioni (Campania, Friuli-Venezia Giulia-FVG; Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Molise, Sardegna, PA Bolzano, PA Trento, Umbria, Valle d’Aosta e Veneto) e a 264 professionisti sanitari.Tutte le 13 Regioni che hanno risposto al questionario hanno individuato nel medico di famiglia e nel pediatra di libera scelta il professionista principale per l’aderenza terapeutica. Seguono gli specialisti, poi i farmacisti delle farmacie convenzionate (7 Regioni) e i farmacisti del SSN (6 Regioni) e ancora gli infermieri (5 Regioni).
Nessuna Regione ritiene prioritario puntare sul caregiver professionale (es. badanti) per implementare l’aderenza alle terapie; mentre le Associazioni di volontariato e dei pazienti risultano avere un ruolo secondario rispetto a quello dei professionisti sanitari. Solo il Friuli-Venezia Giulia, il Molise e la P.A. di Trento stanno investendo anche sull’associazionismo per migliorare l’aderenza.
Il ruolo del medico è ovvio e fondamentale: fa la diagnosi, stabilisce la terapia e interviene in caso di complicanze o di necessità subentranti. Quello del farmacista è essenziale non solo per consigliare semmai il paziente sull’uso del farmaco, ma anche per sue eventuali sostituzioni o per la segnalazione immediata di eventi avversi. Il compito dell’infermiere è evidente: è accanto al paziente e lo guida, lo sostiene e lo consiglia nella sua terapia perché l’aderenza a questa sia assoluta. Ma c’è di più. A gennaio 2015, nel decreto legislativo di recepimento della direttiva 2013/55/UE, quella che ha istituito la tessera professionale europea, è scritto chiaro che l’infermiere ha la competenza di orientare individui, famiglie e gruppi verso stili di vita sani e l’autoterapia, sulla base delle conoscenze e delle abilità acquisite. E anche la competenza di comunicare in modo professionale e di cooperare con gli esponenti di altre professioni del settore sanitario.
Sono anche gli stessi cittadini a chiederlo: nell’indagine condotta dall’Osservatorio civico Fnopi-Cittadinanzattiva hanno affermato che gli infermieri hanno dedicato il tempo necessario a informare e rispondere a domande (77,76%), fornendo informazioni chiare e comprensibili (80,08%) e spiegando prima di esami, terapie e trattamenti, cosa stava per accadere, gli effetti positivi e negativi possibili (72,20%). Sono queste le basi dell’aderenza terapeutica.

E secondo l’analisi CREA Sanità di Tor Vergata-Fimmg (IL RAPPORTO): gli infermieri sono la seconda figura professionale, dopo il medico, fra quelle ritenute utili per migliorare l’aderenza. Aceti: “La squadra vincente è infermiere-medico di famiglia.
il riconoscimento della sua funzione da parte dei Mmg rende evidente anche l’importanza che devono assumere le micro-équipe infermiere di famiglia-Mmg. L’infermiere di famiglia porta il Servizio sanitario nazionale dentro le case delle persone, individuando e prendendo in carico in modo proattivo i bisogni della popolazione e sostenendo le famiglie.

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