RUOLO DEL SOCCORRITORE NEL SISTEMA DI EMERGENZA-URGENZA

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Partendo dal rispetto del decreto del Presidente della Repubblica 27 marzo 1992, del 17 maggio 1996, dal DM 17/12/2008 e DM 70/215, il sistema emergenza urgenza trova conflitto su un conquibus mal ricondotto che verte intorno al concetto di diagnosi medica e prescrizione medica.
Occorre quindi specificare, come per altro già esplode la Raccomandazione n.15 del ministero della Salute del febbraio 2013, che nei servizi di emergenza/urgenza (Centrale operativa 118, mezzi di soccorso, Punti di primo intervento, Pronto soccorso ospedalieri) l’obiettivo sia quello di garantire prestazioni immediate agli utenti che presentano alterazioni delle funzioni vitali tali da compromettere potenzialmente e gravemente lo stato di salute che nulla hanno a che fare con l’iter diagnostico.
La valutazione dello stato di compromissione di un paziente è attività che viene svolta non solo da personale professionale ma anche da personale BLS (soccorritori dipendenti e volontari): tale attività si basa sulla rilevazione di segni e sintomi ben definiti e non certo attribuendo diagnosi mediche.
Se la valutazione di uno stato di compromissione delle funzioni vitali deve essere fatta esclusivamente da un medico attraverso un’ipotesi diagnostica medica e una prescrizione medica risultante, allora dobbiamo ipotizzare una rete di emergenza territoriale composta solo da mezzi con medici a bordo.
Si ricorda che la percentuale di codici 3 e 4 (massima gravità e deceduti – anno 2015) è pari al 7% del totale delle emergenze (analisi dei dati EMUR – Sistema 118 Copertura e Qualità Prime analisi Roma, 15 maggio 2017).
Definire con chiarezza il ruolo del soccorritore, rendendolo abile uniformemente e formativamente sul territorio anche su piccole procedure tecniche, è fondamentale anche per riformare il senso della cultura emergenziale.
In questo senso vengono agiti soltanto comportamenti validati e autorizzati (per altro con la possibilità di “eventuale contatto telefonico/telematico con medico di riferimento”) che non si configurano come interventi in stato di necessità (art. 54 C.P.), ma come normale attività sanitaria o attività di volontariato con formazione sanitaria specifica.

Una nota inoltre sull’evidenza, sempre più palese, dell’evoluzione tecnologica che sta sostituendo proprio l’atto diagnostico (vedi ad esempio il DAE). Ci chiediamo quale sviluppo si intende dare al sistema sanitario se continuiamo a mettere in campo azioni pretestuose ai danni delle competenze dei professionisti quando alcune macchine sono già abilitate “in vece” di professionisti competenti e tale abilitazione è data per accolta dalle professioni stesse senza nessuna vis polemica.
Abbiamo tutti il dovere di contribuire alla sicurezza delle cure così come definito dalla L. 24/2017.
Sicuramente il sistema di emergenza urgenza deve trovare modelli che garantiscano la sicurezza al cittadino mettendo in condizioni di assoluta tranquillità tutti i professionisti sanitari e non sanitari che si ritrovano a collaborare, esaltando e saturando le competenze di ognuno e non prestando il fianco a logiche di mantenimento di status quo, specie se correlate a meri obiettivi occupazionali e non certo professionali.

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