NUMERI DEI FABBISOGNI FORMATIVI PER L’ANNO ACCADEMICO 2022-2023

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Aprile 2022

“Relazione accompagnamento fabbisogni formativi AA 2022-2023”

In relazione alla determinazione del fabbisogno formativo per l’Anno Accademico 2022-23, la Federazione Nazionale degli Ordini delle Professioni Infermieristiche (FNOPI) ha richiesto agli ordini provinciali e ai coordinamenti regionali degli ordini di concordare con le singole Regioni di appartenenza il numero di posti di formazione di base, magistrale e per infermiere pediatrico che si sono resi necessari non solo a fronte delle aumentate esigenze legate alla pandemia da Sars-Cov2, ma anche in base alle nuove esigenze disegnate con l’approvazione di leggi dello Stato (come ad esempio nel decreto Rilancio – Legge 77/2020 – l’infermiere di famiglia e comunità) e degli standard indicati per rendere applicabili le innovazioni previste nel nuovo disegno di sanità di prossimità emerso dal PNRR.

La richiesta, oltre a queste valutazioni, è in linea con le politiche nazionali, con la letteratura internazionale e le politiche europee, e tiene conto dell’ulteriore incremento necessario secondo quanto previsto dalle politiche in tema di Infermiere di Famiglia e Comunità.

L’aumento sensibile dei posti di laurea magistrale è prodromico anche allo sviluppo dei percorsi di sviluppo in ambito clinico, secondo le politiche nazionali perseguite, così come la valutazione per l’infermiere pediatrico che appare come un’evoluzione logica, nonché da tempo sostenuta da questa Federazione, delle competenze specialistiche degli infermieri e per questo non dovrebbe essere più considerata una professione a sé stante, prevedendo in questo senso anche la rivisitazione dei relativi profili professionali.

La richiesta di posti per la laurea triennale in Infermieristica il 2022-2023 è superiore nel totale di circa il 21% rispetto a quella dello scorso anno con 29.064 posti.

La richiesta di posti per la laurea triennale in Infermieristica Pediatrica rimane sostanzialmente stabile e in linea con lo sviluppo dei percorsi formativi a indirizzo clinico con laurea magistrale.

L’aumento è legato oltre alle necessità manifestate dagli Ordini Provinciali e dalle Regioni (anche per sopperire a una eventuale necessità di ricorrere a infermieri provenienti dall’estero senza controlli sulla qualità formativa e senza che siano sottoposti alle verifiche degli Ordini Professionali), alle indicazioni contenute del rapporto OCSE “Health a Glance 2021” che indicano l’Italia come quartultima nella classifica dei paesi dell’Organizzazione per laureati in infermieristica ogni 100.000 abitanti con una valore di 18,4 contro una media OCSE di 44,5 e al rapporto “State oh Health in the EU”, nel profilo della Sanità 2021 dell’Italia della Commissione Ue che afferma: “L’Italia impiega meno infermieri rispetto a quasi tutti i paesi dell’Europa occidentale e il loro numero (6,2 per 1 000 abitanti) è inferiore del 25% alla media UE. Vista la diminuzione del numero di infermieri laureati dal 2014, le carenze di personale in questo settore sono destinate ad aggravarsi in futuro”.

L’attuale indicazione di infermieri attivi ogni 100.000 abitanti è di 679, mentre, aumentando come indicato dalla Commissione Ue almeno del 25% per raggiungere la media di Infermieri ogni 100.000 abitanti dell’Unione Europea (che tuttavia ha manifestato forti carenze infermieristiche durante la pandemia), si dovrebbero raggiungere almeno i 775 infermieri ogni 100.000 abitanti.

Considerando poi la media di successo degli studi indicata nel 75,2%, i 29.064 posti a bando richiesti si traducono in una stima di 21.856 nuovi infermieri dopo i tre anni di formazione di base che non coprono comunque le indicazioni di incremento di infermieri date a livello nazionale (nuovi standard) e internazionale.

Dato avvalorato non solo dalle stime di carenza FNOPI di oltre 63.000 unità, ma da vari centri di ricerca che hanno quantificato la carenza con numeri anche maggiori di FNOPI.

Il Censis ha quantificato la carenza rapportando per l’Italia la presenza di infermieri a quella dell’Emilia-Romagna, considerata Regione Benchmark, in 57.000 unità e ha considerato che se il confronto dovesse avvenire con altri partner europei, come ad esempio il Regno Unito – che fa tra l’altro continua richiesta di infermieri italiani – la carenza salirebbe a quasi 300.000 unità.

Secondo il Rapporto Crea Sanità dell’Università di Tor Vergata, la carenza di infermieri secondo gli standard legati ai parametri internazionali è di oltre 237.000 unità.

Ripentendo le analisi con riferimento alla sola fascia over 75, che è in continua crescita per effetto della scarsa natalità e l’allungamento dell’aspettativa di vita, la carenza di infermieri allo stato attuale, aumenterebbe a 350.074 unità.

L’Agenas ha sottolineato la necessità di almeno 25-30 mila infermieri di famiglia e comunità che il decreto Rilancio nel 2020 aveva indicato a 9.600 e di cui, proprio a causa della carenza, oggi sono in servizio in non più di 3mila e considerando le necessità complessive legate alle terapie intensive e alle nuove strutture territoriali previste dal PNRR ha valutato la carenza attuale in circa 80.000 unità.

L’ultimo rapporto OASI 2021 dell’università Bocconi ha raggiunto calcolando le necessità nei vari contenitori previsti dal PNRR di 101.943 infermieri in più per realizzare gli standard previsti nel PNRR per Case di Comunità, Ospedali di Comunità, Centrali Operative Territoriali, Infermieri di Famiglia e Comunità e aumento della copertura di Assistenza domiciliare integrata.

Applicando la media UE di infermieri ogni 100.000 abitanti al modello fornito dal ministero della Salute – che tuttavia non considera i nuovi standard di personale previsti dal PNRR nelle strutture territoriali, ma si basa sul modello oggi esistente, per cui la carenza è, evidentemente, maggiore -, la carenza attuale sarebbe di circa 47.000 unità, che considerando le eventuali assunzioni e le stabilizzazioni degli infermieri in servizio per l’emergenza COVID-19 e l’aumento che comunque c’è stato (anche se di un terzo rispetto alle indicazioni UE) scenderebbero a circa 35.000 unità, ma che nel 2030 salirebbero di nuovo oltre le 81.500 unità e nel 2035 sarebbero a quasi 154.000 unità.

E considerando il numero di infermieri attivi all’anno base secondo lo stesso modello e applicando a questo l’incremento del 25% indicato dalla Commissione UE per far raggiungere all’Italia i valori medi dell’Unione europea si ha una carenza comunque di almeno 111.000 unità.

Prevedendo invece un numero di posti a bando uguale a quello richiesto (29.064 posti) e considerando la percentuale di successo negli studi si potrebbe teoricamente avere un’inversione di tendenza nella carenza a partire dagli anni successivi al 2026 (quando cioè si avranno i primi laureati secondo il fabbisogno indicato).

Per quanto attiene poi al problema messo in evidenza dagli Atenei circa l’impossibilità di far svolgere il regolare tirocinio a un numero superiore di Infermieri rispetto a quello messo a bando per l’anno accademico 2021-22, e considerando la necessità di sviluppare la formazione verso l’ambito territoriale, si potrebbe immaginare lo sviluppo di convenzioni delle sedi universitarie con  le strutture di assistenza residenziale (circa 11.000 strutture secondo i dati censiti dal Ministero della Salute per l’anno 2019) e semiresidenziale sul territorio, non più quindi solo negli ospedali.

A QUESTO LINK L’ACCORDO STATO REGIONI SUI FABBISOGNI

A QUESTO LINK IL PRIMO DECRETO MUR SUI FABBISOGNI

A QUESTO LINK IL DECRETO LINK SULL’AUMENTO POSSIBILE DEI POSTI A BANDO PER INFERMIERISTICA

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