Le liste di attesa che non solo penalizzano spesso i più fragili, quelli che non possono ricorrere a strutture diverse dal pubblico, ma esasperano anche gli animi di chi resta ore fuori del pronto soccorso o in attesa di un intervento, con reazioni spesso aggressive ai danni dei professionisti.
Eppure, le soluzioni possibili ci sono, lo hanno dimostrato alcune Regioni benchmark dove il fenomeno ha cominciato a essere arginato. E lo dimostrano ancora di più con iniziative come gli ambulatori a bassa intensità di cura, il potenziamento dei servizi territoriali e domiciliari e l’intramoenia aziendale, quella cioè che la struttura chiede ai suoi professionisti a proprie spese per far fronte a necessità che nascono il più delle volte da carenze di organici o da eccesso di domanda.
Sul territorio inoltre c’è anche lo sviluppo dell’infermiere di famiglia e di comunità, già presente in molte Regioni dimostrando l’efficacia e il successo dell’iniziativa, prevedendone non solo ruoli e funzioni, ma anche i percorsi formativi.
Ancora un lavoro svolto in un team multi professionale che altro non è se non il nuovo modello di assistenza adeguato allo scenario della cronicità e non autosufficienza atto a garantire un’azione snella e flessibile nella rilevazione dei bisogni, la continuità e l’adesione alle cure, la sorveglianza domiciliare e la presa in carico dell’individuo e della famiglia con l’intento di evitare inutili ricoveri (e quindi l’allungamento delle liste d’attesa), favorire la deospedalizzazione, presidiare l’efficacia dei piani terapeutico-assistenziali, allo scopo di migliorare la qualità di vita della persona nel suo contesto di vita.
A febbraio 2019 è stato approvato il nuovo piano nazionale . Tuttavia, a luglio, a distanza di oltre 5 mesi dalla sua approvazione e di 3 mesi dalla prima scadenza prevista per il recepimento e l’adozione del Piano regionale, sono 4 le Regioni che non hanno ancora adottato un proprio Piano Regionale di Governo delle Liste di Attesa: Provincia di Bolzano, Friuli-Venezia Giulia, Basilicata, Sardegna.
Due di queste, Friuli-Venezia Giulia e Provincia di Bolzano, non hanno neanche recepito formalmente l’Intesa Stato Regioni.
La tempistica per il solo recepimento formale dell’Intesa da parte delle Regioni è stata molto differenziata: si passa ad esempio dai 35 giorni della Puglia, ai 70 della Campania, agli 84 della Liguria, agli 89 della Calabria, ai 102 della Sardegna, ai 137 della Lombardia.
Le Regioni che hanno rispettato il termine dei 60 giorni entro il quale recepire formalmente l’Intesa e adottare il proprio Piano regionale di Governo delle Liste di Attesa sono 5: Valle D’Aosta (56 giorni), Emilia-Romagna (52 giorni), Marche (53 giorni), Puglia (55 giorni), Sicilia (49 giorni).
Di poco fuori tempo massimo, il Molise con 66 giorni, l’Umbria e la Toscana con 73 giorni.
Scelte differenti anche dal punto di vista delle misure sostanziali inserite nei Piani regionali.
Prendendo ad esempio in esame l’ambito territoriale di garanzia, nel rispetto del principio di prossimità e raggiungibilità, all’interno del quale devono essere garantiti i tempi massimi di attesa, le Regioni hanno definito strategie diverse, alcune non sempre coerenti con il dettato del Piano nazionale.
Ad esempio, il Molise fa coincidere l’ambito di garanzia con l’intero territorio regionale (fino al 31 dicembre 2020); stessa scelta anche della Valle D’Aosta; la Calabria individua 3 aree territoriali/provinciali Nord-Centro-Sud, quindi fette di territorio molto ampio.
Altre Regioni hanno adottato invece modelli differenti.
La Toscana da una parte richiama come ambito di garanzia di norma la zona-distretto, dall’altro per alcune prestazioni, in considerazione dell’offerta disponibile, definisce un ambito di garanzia con un bacino demografico non superiore ai 400.000 abitanti. La Liguria invece definisce l’ambito territoriale di garanzia con l’intera ASL e in casi particolari con il distretto.
Altre Regioni ancora rinviano la definizione degli ambiti territoriali di garanzia ai Piani attuativi aziendali, come del resto prevede il Piano nazionale.
Riguardo all’istituzione dell’Osservatorio nazionale sulle liste di attesa, adempimento previsto dal Piano nazionale, questo è stato costituito e si è riunito nei primi giorni del mese di luglio.
Sta andando avanti anche il riparto dei 400 milioni di euro per l’infrastruttura tecnologica dei CUP: proprio il 26 luglio il Ministero ha inviato alla Conferenza Stato-Regioni il relativo Decreto di riparto.