di Tonino Aceti
A settembre entra in scena l’abrogazione a livello nazionale del Superticket di 10 euro sulla ricetta. Un provvedimento importante, che ora però, da solo, potrebbe non essere più del tutto sufficiente a contrastare le attuali e future difficoltà di accesso alle cure per motivi economici, vista la previsione dell’evoluzione del quadro sociale ed economico del nostro Paese segnalata solo pochi giorni fa dall’Istat: nel 2020 PIL -8,3% e occupazione -9,3%.
Senza considerare che l’attuale normativa sulle esenzioni dal ticket per motivi economici prevede che per ottenere oggi l’esenzione, il calcolo debba essere svolto sul reddito familiare dell’anno precedente, cioè quello pre-pandemia.
E stando ai dati della spesa dei cittadini per ticket sanitari, contenuti all’interno del Rapporto 2020 sul Coordinamento della Finanza Pubblica della Corte dei Conti, nel 2019 il nostro Paese ha pagato oltre 2,9 miliardi di euro di ticket: oltre 1,5 mld di ticket sulla farmaceutica e più di 1,3mld su prestazioni sanitarie (specialistica, PS e altre prestazioni sanitarie).
Circa 44 milioni in meno rispetto al 2018, anche grazie ad alcuni interventi regionali di riduzione e rimodulazione dei ticket attuati con fondi propri e/o utilizzando il “fondino” nazionale istituito in una precedente Legge di Bilancio.
Continuano ad essere particolarmente rilevanti le differenze di spesa pro capite da Regione a Regione: nel 2019 si passa dai 90,2 euro della Valle D’Aosta, ai 61,9 del Veneto, 59,4 della PA Trento, 58 P.A. Bolzano, 57,9 dell’Umbria, 43,8 della Calabria, 41,5 della Sicilia, 33 della Sardegna,…
Complessivamente si assiste ad una crescita della spesa dell’1,2% nelle Regioni in Piano di Rientro e contestualmente ad una riduzione nelle altre Regioni del 3,1%. Praticamente la spesa aumenta proprio in quelle aree del Paese con minori performance sui Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), minore ricchezza e maggior problemi dal punto di vista dell’occupazione.
Ad essere a rischio è il principio dell’equità.
Equità che ritroviamo come obiettivo all’interno di due misure contenute in ben 2 Patti per la Salute, ad oggi rimaste però sulla carta:
- l Patto per la Salute 2014-2016 all’art. 8 prevedeva: “E’ necessaria una revisione del sistema della partecipazione alla spesa sanitaria e delle esenzioni che eviti che la partecipazione rappresenti una barriera per l’accesso ai servizi ed alle prestazioni così da caratterizzarsi per equità ed universalismo…”
- Il Patto per la salute 2019-2021, alla scheda 13 prevede: “si conviene sulla necessità di garantire una maggiore equità nell’accesso dei cittadini all’assistenza sanitaria attraverso una revisione della disciplina della partecipazione alla spesa sanitaria da parte dei cittadini che preveda la graduazione dell’importo dovuto in funzione del costo delle prestazioni e del “reddito familiare equivalente” al fine di ridurre le disuguaglianze nell’accesso ai servizi sanitari garantendo l’inclusività del servizio sanitario nazionale. Si conviene pertanto di istituire un gruppo di lavoro Ministeri/Regioni/Enti vigilati.”
E chissà se dentro al Piano di Rilancio del Paese e del SSN, qualcuno vorrà mettere mano concretamente a questa revisione della normativa, che comunque poggia sul nostro sistema fiscale con tutte le sue falle che conosciamo e sulle quali dobbiamo intervenire, e magari spingersi anche un po più in là pensando ad un’ulteriore riduzione della pressione dei ticket sui redditi delle famiglie.
Del resto il combinato disposto di ticket e liste di attesa rappresenta, anche secondo l’Istat, una delle principali criticità nell’accesso alle cure; accessibilità che rappresenta una della maggiori sfide del Servizio Sanitario Pubblico soprattutto in questo momento, sia per l’assistenza ai pazienti Covid che per quelli NON Covid, quest’ultimi alle prese anche con la sospensione di parecchie prestazioni durante la fase di lockdown.